Gruppo 25 aprile

Piattaforma civica (e apartitica) per Venezia e la sua laguna

Gli ultimi dei Mohicani – prima parte

Il 21 giugno a Corfù si terrà il quarto incontro della Rete Civica delle città storiche del Mediterraneo orientale, che si svolgerà nella cornice della locale Università dello Ionio, ai piedi della vecchia fortezza veneziana che seppe resistere a tre assedi senza che l’Impero Ottomano riuscisse mai a espugnarla (quello del 1716 è rimasto negli annali di Storia come “l’ultima vittoria veneziana”).

http://www.storiain.net/storia/corfu-1716-lultima-vittoria-veneziana/

Nel corso della tavola rotonda, proveremo ad illustrare con qualche dato i motivi per cui a Venezia, una volta scesi sotto quota 50.000 residenti, ci sentiremo un po’ come “gli ultimi dei mohicani”. Parleremo di residenzialità ma anche di attività artigianali: quelle che a loro volta rischiano di estinguersi per mancanza di ricambio generazionale e per la difficoltà di trovare spazi adeguati.

L’intervento verrà svolto in inglese (lingua di lavoro della Rete) ma a beneficio di tutti ne pubblichiamo qui un breve estratto in italiano. La versione integrale in inglese verrà resa pubblica il 22 giugno. Per le attività della Rete rinviamo agli articoli qui pubblicati quando ne abbiamo assunto la presidenza di turno:

https://gruppo25aprile.org/category/cooperazione-mediterranea/

Tavola rotonda 21 giugno: il caso di Venezia

Al giorno d’oggi ci sono circa 1.500 Mohicani, di cui la metà vive in una riserva nel Wisconsin nordorientale. Erano ancora 25.000 nel 1830, quando il Congresso degli Stati Uniti decise di adottare la « legge indiana sulla rimozione » (Indian Removal Act), costringendo tutti i nativi americani o « pellerossa » a trasferirsi ad ovest del Mississippi, perché erano di intralcio ai progetti di sviluppo dell’Uomo bianco.

Perché questo paragone con i Mohicani, se nessuno è stato fisicamente costretto a lasciare Venezia e assegnato ad una riserva? Perché Venezia è più di una città: da 16 secoli è stata una civiltà con la propria cultura e stile di vita: Venezia civiltà anfibia, nella definizione dell’omonimo libro di Nelli Vanzan Marchini. Ciò è ben descritto da Salvatore Settis nel libro “Se Venezia muore“, dove il termine “morte” non è riferito alle vecchie pietre, bensì a quel particolare stile di vita proprio di chi, autoctono o meno, vive nella Laguna di Venezia. Laguna, che, ricordiamolo, non si riduce soltanto ai sestieri ma dato che ad essere in sofferenza sono soprattutto i sestieri è da qui che occorre partire per evitare che a fare la stessa fine siano anche le isole cosiddette “minori”.

50 anni fa nella Venezia dei sestieri c’erano ancora 106.516 persone residenti. Oggi, secondo i dati ufficiali dell’anagrafe comunale, sono poco più di 50.000 e molti lo sono solo “sulla carta” per poter beneficiare di una tassazione inferiore sugli immobili di proprietà, ma vivono altrove: una serie di indicatori, elaborati dalla “Smart Control Room” sul numero di telefoni cellulari collegati nelle fasce orarie notturne, indicano numeri ancora più preoccupanti.

Attenendoci ai dati ufficiali dell’anagrafe Comunale, è lecito dire che negli ultimi 50 anni abbiamo perso più di 1.000 residenti all’anno, vale a dire 3 residenti al giorno, ed è probabilmente un dato approssimato per difetto.

Ancora più impressionante, pur non essendo un criterio scientifico ma soltanto un indicatore approssimativo, è il numero di abitanti rispetto ai numeri civici, in una città che è stata costruita e sviluppata dai nostri antenati per ospitare una media storica oscillante fra le 100.000 e le 150.000 persone nel corso degli ultimi 6 secoli. Abbiamo provato ad utilizzarlo con il risultato evidenziato in tabella.

A San Marco ormai abbiamo più numeri civici (5.562) che residenti (meno di 3.600, purtroppo); Cannaregio è l’unico sestiere a poter “vantare” più di DUE residenti per numero civico, mentre gli altri quattro sestieri si assestano tutti a un misero UNO virgola (residenti) per ogni numero civico. La Giudecca al confronto è ancora isola felice con più di QUATTRO residenti per ognuno dei suoi 971 numeri civici.

Per quanto il dato del sestiere di San Marco sia influenzato dal fatto che molti edifici avevano e continuano a svolgere una funzione pubblica o commerciale, i dati negli altri sestieri sono piuttosto sorprendenti, anche in quello che era il cuore pulsante delle classi popolari: “Castello” (senza dimenticare che l’Arsenale era stato il maggior datore di lavoro di Venezia fino al XIX secolo, e attualmente è invece utilizzato soltanto saltuariamente come vetrina per eventi come il salone nautico).

Nelle ultime settimane, in città hanno fatto la loro comparsa dei cartelli anonimi con la scritta 49.999 e prima che quella proiezione demografica si avveri – ai ritmi attuali, è questione di pochi mesi – vale la pena di ragionare sulle ragioni di un declino che sembra inarrestabile ma soprattutto di ribadire richieste e proposte per invertire la tendenza, o di formularne altre traendo spunto dalle città storiche del Mediterraneo che hanno invece saputo preservare un punto di equilibrio.

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3 pensieri su “Gli ultimi dei Mohicani – prima parte

  1. Il numero medio di residenti per numero civico nei diversi sestieri presuppone che i sestieri abbiano tutti la stessa distribuzione per tipo degli edifici. Ma è così? A me viene in mente che a Giudecca e a Sacca Fisola sono più numerose che altrove le case di 4-5 piani. Aggiungo che a San Marco sono concentrate attività professionali (banche, avvocati ecc) ben più rare altrove e a quei numeri civici non afferiscono quindi residenti ma persone che vivono altrove. Mi sembrerebbero più veritieri i dati relativi alle “presenze” dei cellulari nelle ore notturne.

    • Con riferimento a San Marco, è una giusta osservazione che del resto aveva gia trovato spazio nel testo. Grazie per il duplice commento, se ci basiamo sui cellulari non arriviamo a 40.000 ma è anche vero che nella conta dei cellulari non entrano i bambini al di sotto di una certa età.

  2. Michele in ha detto:

    Mia madre, come molti altri “avanti con gli anni” il cellulare lo tiene spento , o lo spengono di notte, quindi il dato è indicativo ma non affidabile al 100%.
    Per ripopolare la città bisogna ri-creare attività lavorative , molte delle quali scomparse, ma che non possono essere solo l’ artigianato. Ormai certe attività che un tempo esistevano non sono più economicamente convenienti in una città “particolare” come Venezia ed alcune ormai troppo impattanti. Una delle soluzioni potrebbe essere quella di puntare a farla diventare una nuova “Silicon valley” con centri di studio e di ricerca per attività nuove ed avanzate che appunto non impattino con la struttura cittadina ma riportino abitanti ed una vita attiva e sociale continua e non estemporanea legata ad annuali o bi-annuali sporadici eventi.

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