Gruppo 25 aprile

Piattaforma civica (e apartitica) per Venezia e la sua laguna

Archivio per la categoria “Le nostre isole”

In difesa di Sant’Elena

Dall’ing. Giorgio Griffon, residente a Sant’Elena, riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo al dibattito. Se l’assessore competente vorrà rispondere nel merito delle obiezioni, avrà pari spazio. Da parte nostra ci limitiamo ad aggiungere che la realizzazione di nuovi approdi per “lancioni gran turismo” a Sant’Elena richiede la revisione degli Accordi sottoscritti con l’Autorità Portuale di cui alla Delibera di Consiglio n.70/2015.

Sant'Elena Griffon

“Perché non ha senso dislocare a S. Elena gli approdi dei motoscafi turistici”

Introduzione

Il quartiere di S. Elena è stato costruito all’inizio del ‘900, negli anni tra le due guerre, su un interramento (la “Sacca di S. Elena”) realizzato nel corso dell’800 fra l’estremità della Venezia storica, che terminava dove ora sono i Giardini, e l’isola di S. Elena, che anticamente era un’isola della laguna, completamente separata.

Per questo motivo a S. Elena, tranne la chiesa gotica con il suo chiostro, non c’è nulla di interessante da vedere per un turista. Il parco antistante le case è stato realizzato così per espressa volontà dell’amministrazione di allora, al fine di non interferire sulla visione di Venezia dall’acqua con le “nuove costruzioni”. La pineta, estesa per una lunghezza di circa 400 m e larga circa 80 m, è il più grande parco del centro storico di Venezia e risulta esposto al vento di scirocco che viene dal mare, superando il Lido, e lo rende un luogo particolarmente fresco d’estate. Al contrario, le case proteggono il parco dalla bora e dai venti del nord, rendendolo piacevole da frequentare anche durante le giornate invernali.

La relativa lontananza dal centro di Venezia (S. Marco – Rialto) nonché dai punti di collegamento con l’entroterra (Piazzale Roma e stazione), insieme all’assenza di monumenti, hanno mantenuto S. Elena al di fuori dei movimenti speculativi che infieriscono sul resto della città, comportando prezzi delle case sensibilmente inferiori, ma anche una densità di alberghi e strutture ricettive in genere decisamente modesta.

Il pontile del vaporetto è servito da diverse linee, che permettono ai residenti di muoversi piuttosto facilmente raggiungendo senza troppa difficoltà le altre zone cittadine. Del resto, San Marco è raggiungibile con una lunga quanto magnifica passeggiata lungo le rive di Venezia, piacevole da fare se se ne ha il tempo e la stagione non è troppo calda.

Ora, in questa situazione che potrebbe sembrare idilliaca si inserisce il progetto del Comune di Venezia che prevede, tra altre iniziative, lo sfruttamento della riva di S. Elena per l’insediamento di pontili per motoscafi turistici: in particolare, a quanto è dato capire, motonavi provenienti da località della costa adriatica (Caorle, Jesolo, Bibione, Eraclea).

Le forme di impatto del turismo

Lo svantaggio per gli stessi turisti e l’impatto sulla logistica

I turisti fatti sbarcare a S. Elena si troveranno a una distanza di 2 km abbondanti dalla meta del loro viaggio, cioè S. Marco e il centro città, strada da percorrere su una riva interrotta da nove ponti ed esposta al sole, quindi impraticabile proprio nella stagione turistica e inadatta a chiunque non sia abituato a camminare, tanto più che arrivati a San Marco non si trova certo un luogo riposante.

È abbastanza ovvio pensare che una frazione molto importante di quei turisti tenterà di prendere un vaporetto dal pontile di S. Elena, che è sì servito da numerose linee, ma non certo attrezzato per un carico di migliaia di persone in una/due ore, com’è quello prodotto dalle motonavi: il risultato saranno gruppi di turisti in forte disagio costretti a pagare un biglietto esoso per trovarsi a competere con i residenti nel tentativo di salire su un mezzo che faccia percorrere loro gli ultimi due chilometri del loro viaggio. Sul vaporetto di linea 1, dalle 10 al primo pomeriggio sarà impensabile salire alle fermate di S. Elena, Giardini e Arsenale, in quanto i mezzi saranno costantemente intasati. Analogamente avverrà al ritorno, quando i turisti al rientro dovranno raggiungere nuovamente S. Elena per potersi imbarcare.

L’inquinamento chimico

Si desumono dal sito di una compagnia di navigazione della costa adriatica vicina a Venezia i dati relativi ad una motonave turistica: lunghezza 28 m (poco più di un vaporetto di linea 1, che ne misura 24) e due motori da 1350 HP ciascuno.

Per fare un confronto, un grosso camion può avere un motore da 500-600 HP, cioè una motonave turistica equivale a circa 4 o 5 grossi camion. La potenza massima viene utilizzata durante il viaggio in mare, ma anche durante l’approdo, quando sono necessarie accelerazioni e decelerazioni per fare manovra nelle acque ristrette circostanti i pontili (chi avesse dei dubbi vada a farsi una passeggiata sulla riva degli Schiavoni intorno alle 11 di mattina, osservi le navi in manovra e… annusi l’aria).

Naturalmente si tratta di motori Diesel, cioè particolarmente inquinanti; lo scarico delle motonavi è normalmente collocato a poppa, al livello dell’acqua o, in rari casi, in un camino che non raggiunge altezze tali da disperdere rapidamente in atmosfera i fumi. Pertanto, tutti i fumi così prodotti verranno raccolti dal vento di scirocco che soffia dal mare e condotti verso le case di S. Elena, con un risultato meno idilliaco rispetto alle premesse di questo scritto.

L’inquinamento idrodinamico

Ovviamente le motonavi, muovendosi, producono onde; la produzione è particolarmente impattante in quanto si tratta di scafi “plananti” dotati di ampi specchi di poppa che a bassa velocità sono completamente immersi e muovono grandi quantità di acqua; c’è poi l’aspetto troppo spesso trascurato delle correnti prodotte dalle eliche, responsabili di notevoli danni alle rive, poco conosciuti perché poco visibili (ma ben messi in luce in uno studio di Insula di alcuni anni fa, quando il Comune era in grado di svolgere la manutenzione dei rii). Questo comporta che lo specchio d’acqua antistante S. Elena diverrà “off limits” per piccole barche anche in semplice transito (e meglio non pensare nemmeno a quelle a remi), mentre le rive subiranno un’ulteriore aggressione, subdola quanto trascurata.

L’inquinamento acustico

I mezzi turistici producono rumori durante la navigazione, anche a bassa velocità, a causa della forma dei condotti di scarico che entrano in risonanza dato il basso numero di giri dei motori marini, fenomeno rispetto al quale non esiste alcuna forma di controllo.

Oltre a questo, le motonavi sono obbligate a emettere segnali acustici durante le manovre (un fischio: a dritta, due fischi: a sinistra, tre fischi: indietro). Le piante del parco, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non producono nessun abbattimento delle emissioni acustiche, che invaderanno il parco stesso e arriveranno direttamente alle case.

L’impatto ambientale sul parco

I turisti sbarcati, analogamente a quanto avviene ora sulla riva degli Schiavoni, si raccoglieranno in gruppi prima di muoversi verso il centro cittadino; similmente, prima dell’imbarco, arriveranno a S. Elena con un certo anticipo; durante queste pause è logico pensare che cercheranno riparo dal sole, magari un posto dove sedersi, eventualmente comperare qualcosa da bere e da mangiare e di conseguenza avranno bisogno di: spazio più o meno attrezzato, bar/ristoranti, cestini dei rifiuti, servizi igienici.

Attualmente a S. Elena non c’è niente di tutto questo.

Il parco non può essere considerato un luogo dove far sostare quotidianamente migliaia di persone perché il suolo erboso sarebbe immediatamente distrutto e ridotto a terra nuda. Se sussistono dubbi in proposito si vada a fare un altro giro sulla riva degli Schiavoni e si osservi lo stato dei “masegni” di trachite ivi presenti, ben più resistenti del prato di S. Elena.

I locali pubblici attualmente presenti sono due e relativamente distanti dalla riva; è facile immaginare che potrebbero svilupparsi o essere affiancati da altre iniziative imprenditoriali, sacrosante in sé, ma sistematicamente basate sull’insediamento di plateatici nell’unico spazio disponibile, cioè il parco.

Al centro della pineta, nella parte ovest, si trova la piccola costruzione dei bagni pubblici, provvista anche di una fontana, anch’essa adatta a sostenere la pressione degli attuali utilizzatori del parco e non certo allo sfruttamento massivo da parte di migliaia di persone al giorno senza controllo. Inutile precisare che lo stesso andirivieni da e per la fontana sarà sufficiente a distruggere il manto erboso.

I cestini della spazzatura sono pochi, come in genere in tutta Venezia, e non si vede come potrebbero contenere i residui prodotti dalla massa dei turisti.

L’ipotesi che il Comune, insieme al nuovo insediamento, sia in grado di dotare il parco di cestini, bagni nonché personale che vigili sul comportamento corretto e disincentivi la distruzione del parco prodotta dalla semplice presenza di alcune migliaia di persone è del tutto fuori luogo, visto che queste attenzioni non ci sono nemmeno per la piazza San Marco e le zone più monumentali della città, dove ci si può sedere a bivaccare su qualunque scalino e anche i turisti rispettosi (che, non dimentichiamolo, esistono e soffrono molti disagi) faticano a buttare via una coppetta di gelato.

Quindi è ovvio aspettarsi un parco ridotto a un immondezzaio, con terra polverosa e alberi dietro i quali migliaia di persone andranno a orinare, fino a quando gli imprenditori non ne chiederanno il taglio per realizzare dei bei plateatici sufficientemente grandi per ospitare le masse paganti.

Naturalmente non è nemmeno il caso di parlare di flora e fauna del parco, nonostante a S. Elena siano presenti specie straordinarie che però non hanno nessun interesse monetario: forse a qualcuno può interessare sapere che nell’intera regione del Veneto l’assiolo, un piccolo gufo, in anni ormai passati è stato messo in crisi dai pesticidi, e solo il centro storico di Venezia ha continuato ad ospitarne coppie che poi hanno ripopolato anche l’entroterra. Attualmente, nelle sere estive, a S. Elena è normale sentire il richiamo dell’assiolo e il verso stridulo della civetta, che si nutrono di grossi insetti notturni a loro volta a loro agio nel parco, nonché di piccoli animali (topi, rospi) che di giorno non si vedono. Di prima mattina, invece, capita di sentire il richiamo del picchio rosso che batte sui tronchi. Questi ed altri animali costituiscono un ecosistema destinato a scomparire.

Invece, per topi, scarafaggi, mosche e zanzare sarà un vero bengodi, fra i rifiuti dei turisti, i residui di bar e ristoranti, l’assenza di predatori naturali sterminati dall’uomo.

L’impatto paesaggistico

La riva di S. Elena, a differenza dalle altre rive di Castello fino al molo di San Marco, e da quelle delle Zattere, ha un bassofondo sporgente per una buona decina di metri (le briccole infisse a quella distanza segnalano infatti la distanza dal canale di navigazione); questo comporta che qualsiasi approdo deve prima sporgere fino al canale, poi sporgere ulteriormente per raggiungere il pontile a cui possano attraccare i mezzi. Si ricorda che, a differenza dai pontili dell’azienda di trasporti, quelli per mezzi turistici prevedono l’approdo della nave perpendicolare alla riva, per sfruttare meglio lo spazio; questo comporta che a S. Elena i pontili sporgerebbero da 30 a 40 m rispetto alla riva attuale, quindi sarebbero molto più visibili di quelli attualmente posti sulla riva degli Schiavoni.

Questa circostanza avrà un’ulteriore ricaduta negativa sulla libertà di manovra dei vaporetti di linea, che saranno ostacolati da motonavi e motoscafi in manovra (se se ne vuole un piccolo esempio si vada al pontile delle Zattere, a fianco del quale c’è il pontile dell’Alilaguna, con motoscafi rigorosamente perpendicolari alla riva e si verifichi l’intralcio quando i mezzi si muovono contemporaneamente).

L’impatto economico

Come nel resto di Venezia, la presenza di turisti, per quanto involontaria ed anzi coatta, produrrà immediatamente possibilità di guadagno legate al soddisfacimento di bisogni minimi ed immediati: bar, trattorie, venditori di ricordini, merce varia e naturalmente abusivi di ogni risma, la cui presenza attualmente non si è in grado di arginare in zone ben più vicine al centro. È ovvio che questo indotto distorto, inservibile ai residenti, porterà ad un aumento del valore degli immobili ad esso collegati, cioè piani terreni da destinare, appunto, a locali o a magazzini. Contemporaneamente l’uso degli immobili per residenza sarà disincentivato dato il peggioramento della qualità della vita, mentre molti saranno indotti almeno a tentare un utilizzo commerciale, ovviamente basato sul turismo in quanto obiettivamente unica possibilità di guadagno.

Una semplice conclusione

Lo scenario fin qui delineato non è apocalittico, ma costituisce la evidente conseguenza logica di una scelta che metterà a disagio i turisti ed in croce i residenti di una delle poche zone tranquille e vivibili rimaste nel centro di Venezia; non si tratta di una diluizione dell’impatto sul resto della città, perché questo quartiere sarà completamente devastato, con un peggioramento nella qualità della vita (ambiente, inquinamento, difficoltà di spostamento, prezzi elevati, ecc.) tale da comportarne il sacrificio totale; quindi nessuna forma di diluizione, che dovrebbe invece essere costituita da una condivisione degli svantaggi controllata e governata.

Pertanto, se il fine di una distribuzione degli svantaggi derivanti dal turismo di massa è escluso, rimane come unico scopo quello di far guadagnare soldi a poche categorie che godranno un privilegio esclusivamente economico, con gravissimo svantaggio per i veneziani come per gli stessi turisti, che dovrebbero associarsi alla protesta in quanto considerati ancora una volta esclusivamente per i soldi che possono portare, facendo attenzione a dare loro in cambio il minimo indispensabile.

Giorgio Griffon

Viaggio ai confini dell’impero fucsia

Cristo si è fermato a San Pietro in Volta, ha creato le sanpierote e il nostro viaggio riparte da là, dove si mangia dell’ottimo pesce. Da San Pietro in Volta a Pellestrina oggi, prima foto lato laguna: chi di voi ricorda Kevin Costner in Waterworld? La piattaforma a noi ricorda vagamente il film..

imperofucsia 1Arrivo a Pellestrina, dove anche le paline da ormeggio davanti alla Coop si tingono di fucsia: il colore del sindaco, che dopo aver fallito lo sbarco a Chioggia ha ripiegato su Lidi più sicuri:

imperofucsia6..il viaggio ai confini dell’impero prosegue, alla ricerca di segni tangibili della ricchezza e benessere portati dalla Giunta fucsia:

imperofucsia2

Nulla da fare, i segni del Progresso per il momento si limitano al fucsia che ha sostituito il nero in cima alle paline di recente concessione:

imperofucsia4Turisti americani di passaggio chiedono se quella tendina fucsia dietro alla palina fucsia nasconde un bordello o un centro di massaggi cinese; mi trincero dietro un “sorry I don’t speak English”, perché almeno da queste parti speravo di evitare la domanda di rito “where can I find a night club in Venice”?

imperofucsia5

Il fotografo non giudica: documenta e basta, di fucsia oggi ne ha contate dieci ma vi risparmierà il resto.

imperofucsia

Saluti da Pellestrina che non va confusa con San Pietro in Volta e Portosecco, dove bricole e paline al momento conservano il loro colore naturale.

 

Emergenza #bricole: l’incontro pubblico del 30 maggio

30 maggio, incontro pubblico con il Magistrato alle Acque.

Presentazione alla stampa della cartografia georeferenziata. Nella foto di Alberto Alberti, una delle 27 tavole in cui è stata suddivisa la Laguna di Venezia:

30maggio2016 zoomA destra nella foto, il capitano Andrea Siega che ha coordinato i rilievi effettuati dalla Polizia Lagunare, a cui va il nostro plauso e un doveroso quanto caloroso ringraziamento.

Il video dell’incontro è consultabile sul canale youtube di Loredana Spadon, a questo indirizzo. La qualità dell’audio alla fine dell’intervento è unicamente imputabile al microfono utilizzato in sala, e non alla brava Loredana:

In prima fila da sinistra a destra, nella prossima foto: Elisa Lorenzini (Corriere), Paolo Navarro Dina (Gazzettino) e Vera Mantengoli (Nuova Venezia); l’ing. Fabio Riva (dirigente MAV) e il capitano Andrea Siega (Polizia Lagunare); Alessandro Baglioni e Marco Sitran.

30maggio2016Public

Nell’ultima foto, la dirigente del Magistrato alle Acque Cinzia Zincone e il Senatore Felice Casson, al tavolo dei relatori:

Cinzia Zincone

L’incontro è stato organizzato da: Lista civica Casson, associazione Campo Aperto e Gruppo25Aprile

Emergenza #Bricole: la risposta del Provveditore

Breaking News:

il Gruppo25aprile esprime apprezzamento per la risposta precisa e circostanziata del Provveditore (ex Magistrato alle Acque) ing. Roberto Daniele, che qui pubblichiamo per conoscenza di tutte le associazioni firmatarie della diffida inviata il 15 febbraio per sollecitare il Provveditore e il Ministro Delrio ad affrontare l’emergenza #Bricole. In calce alla risposta, ripubblichiamo anche il testo della diffida in  modo da poter confrontare le nostre richieste con le risposte ricevute.

Per la parte di sua competenza, il Provveditore si è fatto carico degli interventi che avevamo chiesto e, in particolare, della mappatura (cartografia) che sarà accessibile al pubblico a partire dall’8 aprile e rappresenta un passaggio cruciale per poter decidere con cognizione di causa gli stanziamenti e gli interventi successivi.

Alla luce della risposta ricevuta, il Gruppo25aprile sta consultando le altre realtà associative e si riserva di intraprendere iniziative ulteriori nei confronti del Ministro da cui il Provveditore dipende per il reperimento dei fondi necessari, al fine di scongiurare la prospettiva indicata nella parte finale della risposta (interdizione della navigazione in alcuni canali lagunari).

Provveditore1Provveditore2Pro-memoria: il testo della diffida inviata in data 15 febbraio 2016

DIFFIDA

Oggetto: sicurezza della navigazione e incolumità delle persone nella Laguna di Venezia

A: On.le Graziano Delrio, Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti (Roma) e

Ing. Roberto Daniele, Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche (Venezia)

Venezia, 15 febbraio 2016

PREMESSA

  1. Considerato che, per i canali di sua competenza, il Provveditorato destinatario della presente Diffida risulta allo stato attuale responsabile per la manutenzione della segnaletica presente nella Laguna di Venezia, in virtù dell’art. 8 del Decreto Ministeriale 4 Agosto 2014 n. 346 che, nell’abolire il Magistrato alle Acque di Venezia, ha trasferito le relative funzioni al Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia;
  2. Considerato che detto Provveditorato è organo periferico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dal quale dipende in via gerarchica e per lo stanziamento delle risorse necessarie all’adempimento delle sue funzioni e degli obblighi di Legge che ad esso fanno capo;
  3. Considerato che il medesimo decreto di cui al punto 1 demanda a un D.P.C.M. da adottare entro il 31 marzo 2015, l’individuazione delle funzioni già esercitate dal citato Magistrato alle acque da trasferire alla Città metropolitana di Venezia e delle risorse umane, finanziarie e strumentali da assegnare alla detta Città metropolitana in relazione alle funzioni trasferite;
  4. Considerato che il D.P.C.M. non risulta essere stato adottato, e che tali funzioni rimangono pertanto in capo al Provveditorato qui individuato, con tutte le conseguenze che ne derivano in materia di responsabilità civile e penale;
  5. Considerato che lo stato di manutenzione della segnaletica lagunare, ed in particolare dei suoi elementi denominati “bricole”, ha raggiunto un livello di criticità tale da essere ormai da mesi oggetto di denunce degli organi di stampa, di singoli cittadini e associazioni;
  6. Considerato che la situazione di pericolo venutasi a creare per mancanza di manutenzione rappresenta un rischio immediato per l’incolumità delle persone e dei natanti circolanti nella Laguna di Venezia;
  7. Considerato che tale situazione di rischio è stata riconosciuta anche nell’allegata lettera del 5 febbraio 2016, con cui il Prefetto di Venezia meritoriamente dà conto delle misure emergenziali adottate “in attesa che il Provveditorato Interregionale alle opere pubbliche riceva degli adeguati finanziamenti per la manutenzione delle bricole, da parte del Ministero delle Infrastrutture, più volte sollecitato da questo ufficio”,

PQM

Gli scriventi

D I F F I D A N O

  1. Il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti On.le Graziano Delrio a dare immediate istruzioni al suo dicastero al fine di quantificare, reperire e stanziare in apposito capitolo di bilancio le risorse necessarie da un lato all’eliminazione dei monconi di bricola che allo stato attuale rappresentano un pericolo di danno immediato e irreparabile alle persone e, dall’altro, alla sostituzione immediata di tutte quelle bricole la cui presenza in Laguna non sia da ritenersi puramente decorativa ma funzionale alla sicurezza della navigazione, tenendo anche presente che a parere di molti esperti di Laguna alcune centinaia di bricole sono state installate anche nei canali delimitati da barene naturali semplicemente perché le risorse disponibili in passato erano sovrabbondanti rispetto alle reali necessità; in tal senso, un riordino complessivo della materia risponderebbe anche a criteri di efficienza della pubblica amministrazione e contenimento della spesa pubblica per il futuro;
  2. Il Provveditore Interregionale alle Opere Pubbliche competente per territorio, Ing. Roberto Daniele, a predisporre (laddove non esistente o incompleta) e rendere pubblica, con riserva degli scriventi di formulare apposita istanza di accesso agli atti, una mappatura che identifichi con chiarezza le bricole esistenti, quelle mancanti e quelle ammalorate, distinguendo fra quelle che vengono ritenute necessarie, e pertanto da sostituire, e quelle da rimuovere definitivamente al fine di rimuovere la situazione di pericolo sopra descritta;
  3. Il Provveditore Interregionale alle Opere Pubbliche competente per territorio, Ing. Roberto Daniele, a dare notizia alle scriventi associazioni e comitati, di concerto con il Prefetto di Venezia Dott. Domenico Cuttaia, delle iniziative intraprese entro e non oltre il 21 marzo 2016, in considerazione del fatto che con l’arrivo della primavera il numero di imbarcazioni circolanti in Laguna è destinato a moltiplicarsi e con esso le situazioni di rischio qui rappresentate, fermo restando che le scriventi associazioni e Comitati lo ritengono fin d’ora responsabile sul piano civile (responsabilità aquiliana) dei danni subiti da cose o persone e daranno indicazioni in tal senso ai loro iscritti e associati, e ai legali che li rappresentano.

Con riserva di valutare le implicazioni che da un’eventuale inerzia delle Amministrazioni competenti, destinatarie della presente diffida, potrebbero derivare sul piano penale, porgono distinti saluti

Firmato: Marco Gasparinetti, in nome e per conto di:

Gruppo Diportisti Laguna Veneta

Gruppo25Aprile

Venessia.com

Legapesca veneto

Associazione cavanisti di Mira

Associazione Ambiente e caccia

Associazione cavanisti 88

Associazione gruppo emergenza Burano

Associazione Slow Lagoon Chioggia

Federcaccia Cavallino-Treporti

Associazione cavanisti 75

Associazione l’Altra Venezia

Punti di contatto per i rapporti con le Istituzioni:

mircobodi@gmail.com per il Gruppo Diportisti Laguna Veneta

marco.gasparinetti@ec.europa.eu per il Gruppo25Aprile

Sant’Andrea: quale futuro?

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Relazioni introduttive:

  1. Lidia Fersuoch (Italia Nostra)
  2. Andrea Grigoletto (Istituto Italiano dei Castelli)
  3. Francesca Barbini (FAI)
  4. Gian Angelo Bellati (Eurosportello)
  5. Giancarlo Ghigi (Poveglia per tutti)

Moderatore: Marco Gasparinetti (G25A)

Alle relazioni introduttive faranno seguito gli interventi programmati delle altre realtà associative che hanno aderito all’incontro, la cui lista (in corso di aggiornamento) è consultabile a questo indirizzo :

https://gruppo25aprile.org/2016/01/24/progetto-di-finanza-santandrea-la-citta-vuole-capire/

Sant’Andrea: la Storia

Il voto del Consiglio comunale, inizialmente previsto per il 25 gennaio, è stato saggiamente rinviato ad una prossima seduta. In attesa dell’incontro pubblico convocato per il 30 gennaio, ci regaliamo una tregua per inquadrare l’isola nel suo contesto storico, che bene illustra i motivi per cui questa non è un’isola come le altre e tanto meno “una delle tante isole” della Laguna, nella memoria collettiva dei veneziani.

Sant’Andrea, cenni storici

di Nicoletta Frosini

1526 Archivio di Stato

Premessa: le necessità difensive della comunità lagunare

Quando nel IX secolo, anche a causa delle frequenti incursioni dei pirati lungo il litorale veneziano, la Civitas Venetiarum fu trasferita da Metamauco (Malamocco) nella zona di Rivoalto (Rialto), le isolette che costituivano il nucleo di Venezia videro nei lidi della stessa laguna una loro prima cortina di difesa naturale.

L’accesso alla città, ostacolato dai canali tortuosi ma soprattutto dai bassi fondali, era protetto inoltre da una muraglia difensiva, eretta nell’897, che si estendeva da S. Pietro di Castello fino a S. Maria Zobenigo e che favorì l’unificazione urbanistica dei due centri cittadini : Rialto, sede del governo, e Castello d’Olìvolo (attuale Castello), sede del vescovado.

Le prime fortificazioni al Lido, alla Certosa e a S. Andrea

Era comunque necessario anche alle tre bocche di porto un controllo del principale accesso alla città, quello dal mare. Di qui l’esigenza di torri di avvistamento: di una, circolare, si ha traccia al Lido sicuramente già nella prima metà del 1300, come risulta dalla planimetria di Venezia di Fra Paolino del 1346 (fig.1), forse riconducibile addirittura al XII sec. Sempre a scopo di avvistamento e segnalazione anche alla Certosa nel 1313 fu costruita una torre di legno.

Fig. 1: particolare della planimetria di Venezia di Fra Paolino (1346):

CF1

Castel Nuovo (Sant’Andrea) e Castel Vecchio (San Nicolò del Lido)

Fu in seguito alla guerra di Chioggia del 1379, quando a Venezia si era diffuso il timore di un’invasione dei Genovesi, che il Governo veneziano ritenne necessario potenziare la difesa delle bocche di porto, in particolar modo di quella del Lido, accesso diretto alla città. Alla fine del 1300 furono quindi rafforzate le difese con l’edificazione di un castello nella zona di S. Nicolò.

Successivamente, per delibera del Maggior Consiglio, nei primi anni del 1400 si avviò la costruzione di una fortezza “de petra” fondata sulle barene (“super palude”) di fronte a quella del Lido , “per la sicurezza del porto di S. Nicolò del Lido secondo la modalità che sembrerà migliore e più utile”. La località scelta era quella di S. Andrea, così chiamata dall’antica certosa esistente fin dal XII secolo.

La zona da allora fu denominata “ li do castelli “, dei quali il più antico, quello di S. Nicolò, era il Castel Vecchio, mentre il più recente, a S. Andrea, il Castel Nuovo, come appare evidente da un disegno del 1410 che riporta lo “Stato de’ Porti di Venezia e S. Erasmo“ (fig.2). Una catena tra le due fortezze proteggeva l’ingresso al porto di Venezia.

Fig. 2: Stato de’Porti di Venezia e S. Erasmo (1410)

CF2

Le fortificazioni, data la loro posizione strategica, mantengono l’attenzione del Governo veneziano che ne potenzia gli interventi. Un disegno del 1526, (fig.3) conservato all’Archivio di Stato di Venezia, presenta un’accurata descrizione delle strutture difensive alla bocca di porto del Lido. In particolar modo il Castel Nuovo spicca per le torri merlate, le singole porte d’accesso al mare e, soprattutto, per la presenza del mastio. Ben evidente è anche il gonfalone di S. Marco sulla torre di destra.

Un “faro de piera” apre il canale d’accesso al porto, delimitato dalle linee delle brìcole.

Fig. 3: anno 1526, bocca di porto del Lido (Archivio di Stato)

CF3

Agli inizi del Cinquecento risulta quindi evidente la preoccupazione della Serenissima per possibili minacce anche dal mare. Questo timore era d’altronde giustificato non solo dalla conflittualità con gli Stati italiani e le potenze straniere, quanto, soprattutto, dall’aumento dell’espansione turca che aveva strappato a Venezia possedimenti in Albania, nel Peloponneso, nello Ionio e nell’Egeo. Il sultano Bajezid II, figlio del conquistatore di Costantinopoli Maometto II, si sentiva perciò legittimato ad affermare che, se fino ad allora il doge aveva sposato il mare, ora quello stesso mare apparteneva a lui, il sultano che stava rendendo sempre più fragile e ridotto il dominio veneziano nell’Egeo.

Nonostante la tregua stipulata con l’impero turco nel 1503 per poter mantenere aperti i traffici commerciali, restava in Venezia alta e giustificata l’apprensione di essere assaliti dal mare sia da una flotta “di legni leggeri” che avrebbero potuto entrare nella città, sia da un’ armata più consistente. Si riteneva pertanto necessario fortificare ulteriormente i Lidi, in particolar modo la zona di S. Nicolò, la più esposta a quel tempo, e i castelli di difesa al porto, anche in considerazione dell’evoluzione dell’artiglieria, campo nel quale la Serenissima si distingueva per l’eccellenza della sua produzione.

Lo straordinario progetto di Michele Sanmicheli

Nel dicembre del 1534 il Consiglio dei Dieci decise quindi, con deliberazione segreta, di affidare all’architetto ed ingegnere militare veronese Michele Sanmicheli uno studio per il rinnovamento del sistema difensivo del porto che ne considerasse le accresciute esigenze, le nuove tecnologie militari e la particolare conformazione del luogo.

Michele Sanmicheli, distintosi già come ingegnere militare presso il papa Clemente VII, dal 1527 era al servizio della Serenissima con la mansione di architetto militare in terraferma e specialmente a Verona, dove nel 1530 era stato ufficialmente nominato Soprintendente alle fabbriche belliche.

Dall’incarico, rigorosamente segreto, dello studio di un nuovo progetto di difesa al porto di Venezia alla sua effettiva realizzazione passarono diversi anni.

Il Sanmicheli analizzò dettagliatamente ogni singolo aspetto della questione, in particolar modo le problematiche idrogeologiche del luogo e le sue potenzialità difensive. Propose quindi l’edificazione di due nuove fortezze, una per ciascun lato della bocca di porto del Lido, con impianti di artiglieria tali da garantire la possibilità di tiro incrociato. La proposta, che piacque al Consiglio dei Dieci e ai Savi alle Acque, non fu però immediatamente concretizzata, per l’opposizione di chi chiedeva venissero consultati altri esperti. La costruzione di un nuovo forte sul sito del preesistente Castel Nuovo comincia effettivamente solo nel 1543, al ritorno di Sanmicheli da Zara, dove egli era stato inviato dallo stesso Senato della Repubblica per occuparsi delle fortificazioni dei domini orientali.

Nel settembre del 1543, infatti, verrà finalmente approvato il progetto di Sanmicheli con i suggerimenti del colonnello Antonio di Castello di raddoppiare le postazioni di artiglieria perché fosse possibile “battere la bocca del porto e drento in mare e al traverso del Lio per il canale che viene a Venetia e defenderà gran parte del Lio e tutto secondo il disegno di M.Michiele”.(1)

(1) Archivio di Stato di Venezia, Consiglio dei Dieci, Delibr. Secr. lib.IV, f.101, in P. Marchesi, Il forte di S. Andrea a Venezia

Il problema più serio da affrontare era quello delle fondamenta del futuro edificio, che sorgeva in zona paludosa,”fasciata d’ogni intorno dal mare e bersagliata da flussi e riflussi”, come disse il Vasari . L’ostacolo fu superato con una soluzione sulla cui straordinarietà concordano studiosi di epoche diverse, dal Vasari, coevo al Sanmicheli, al Diedo, nel 1840, all’ingegner Miozzi con i suoi studi approfonditi sul Forte realizzati negli anni ’60 del Novecento. Tutto il perimetro del’area fu recintato con una doppia, robusta palizzata di quercia a costituire una cassa che fu scavata fino al caranto e poi riempita di fanghi per essere impermeabilizzata. Il Sanmicheli procedette in seguito al consolidamento dell’area con palificazioni ravvicinate, sopra le quali pose strati di grossi blocchi di pietra d’Istria, riempiendo i vani con calce e pozzolana. In questo modo arrivò ad assestare le fondamenta fino al limite dell’alta marea.

La fortificazione, denominata di S. Andrea dall’omonima vicina certosa, fu completata nel 1549 e, unendo in uno stretto connubio innovazione e funzionalità difensiva con bellezza architettonica e armonioso inserimento nel paesaggio, apparve subito un capolavoro dell’architettura militare.

Come si può notare dalla planimetria originaria (fig. 4) il bastione centrale ricurvo, sopra il quale si leva il mastio primitivo, presenta al mare il suo maestoso portale a tre archi, la cui eleganza architettonica non nasconde tuttavia il carattere difensivo, evidente negli archi laterali che si aprono solo alla base per lasciar spazio ai pezzi d’artiglieria. In questo modo, sviluppandosi orizzontalmente con un impianto originale e innovativo, la fortezza corrisponde nelle sue linee alla distesa lagunare, assecondando la morfologia del luogo.

Fig. 4, planimetria del forte di S. Andrea, dalla guida del forte di S. Andrea del Col. A. Capolongo, in P. Frosini – N. Neri:

CF4Quarantadue erano le cannoniere che il forte schierava lungo le sue cortine laterali e il bastione centrale, incorniciate da un arco in pietra d’Istria con sovrastante mascherone e poste a pelo d’acqua in modo da colpire con fuoco incrociato le navi che intendevano violare l’ingresso al porto. Come osservava il Temanza nel 1778 nella sua opera “Vite dei più celebri architetti e scultori veneziani che fioriscono nel secolo decimosesto” : “Le artiglierie sulla destra di questo castello battono la Fuosa (la foce), ò sia l’ingresso dalla parete del mare, per modo che entrando in porto una flotta nemica, le sue navi sarebbero sempre colpite di fronte, senza che neppure un tiro andasse fallito”.

Sul mastio, a cui era affidata anche l’originaria funzione di avvistamento, guardia e comunicazione, sugli ampi spalti superiori e sopra l’ingresso era posta un’altra linea di artiglieria a lunga gittata, evidente in un’incisione del Tironi del XVIII secolo (fig.5).

Permetteva il trasporto delle artiglierie una galleria interna, o casamatta, dietro la quale è visibile la linea delle riservette o ricetti “che servono di sicuro ricovero alle milizie, e danno comando all’allestimento di tutto ciò che può occorrere per maneggio delle artiglierie. Tutto è a volta reale di cotto co’ spiragli e sfogate aperture sotto il terrapieno per l’uscita del fumo. Gli spalti, i terrapieni, le piazze ed i quartieri sono di tale ampiezza che castello più comodo e più terribile di questo non si può mai dare.” Con queste parole di lode il Temanza completa la sua descrizione del forte.

L’ammirazione immediata che il forte suscitò fu accompagnata dall’invidia dei maligni che, come racconta il Vasari, insinuarono che il forte, anche se bellissimo, sarebbe stato inutile, addirittura dannoso, perché se tutte le artiglierie avessero sparato contemporaneamente, l’edificio sarebbe crollato causando grande devastazione. Il Senato, allora, fece collocare nel forte “grandissima quantità di artiglieria e delle più smisurate che fossero nell’Arsenale, ed empiute tutte le cannoniere di sopra e di sotto e caricatele anche più che l’ordinario” le fece scaricare in simultanea con un fragore e terremoto tali che sembrava “fosse rovinato il mondo”. La fortezza ovviamente rimase in piedi, i maligni furono “scornati” e le giovani veneziane incinte che per precauzione si erano allontanate dalla città su suggerimento dei medici vennero fatte rientrare. Dell’ingegno del Sanmicheli e della solidità del suo fabbricato era stata data la più eclatante dimostrazione.

Fig. 5, Tironi, Il Forte di S. Andrea (fototeca Museo Correr):

CF5

I lunghi secoli di inattività, la difesa finale e gli interventi successivi (1797-

Per molti secoli il Forte di S. Andrea non ebbe bisogno di diventare operativo anche se, poco più di vent’anni dopo la sua costruzione, il suo sistema difensivo fu rafforzato al riacutizzarsi dei conflitti con l’Impero turco che sfociarono nella battaglia di Lepanto del 1571. In quell’occasione fu eretto un terrapieno con i materiali di scavo del fosso retrostante il forte e fu costruito il rivellino.

Successivamente, a circa un secolo dalla sua edificazione, necessitò progressivamente di alcuni interventi di sistemazione interna che il Governo di Venezia portò a compimento in epoche diverse; un’ iscrizione lapidea sul mastio attesta restauri avvenuti nel 1743.

Si era ormai verso la conclusione della storia della Repubblica di Venezia. Il forte di S. Andrea si scosse dopo lunghi secoli di inattività, il 20 aprile 1797 quando al crepuscolo un vascello francese dal paradossale nome “Le Liberateur d’Italie” al comando del capitano Jean Laugier entrò nel porto di S. Nicolò con due navigli minori, nonostante l’ordine di fermarsi dato da Domenico Pizzamano, Deputato al Castello di Sant’Andrea, Lido porto e canali adiacenti. Nello scontro a fuoco successivo il comandante francese trovò la morte e i marinai veneziani della galera “Annetta bella” riuscirono ad impadronirsi del vascello francese.

Il forte aveva svolto bene la sua funzione di difesa dell”ingresso principale a Venezia, quello dal mare. Inutilmente, perché, com’è noto, il 12 maggio dello stesso anno il Maggior Consiglio, incapace di opporsi alle pressioni francesi, dichiarò cessato il vecchio regime passando i poteri ad una nuova municipalità di brevissima durata.

Con l’ingresso in città degli Austriaci nel gennaio del 1798 a seguito del trattato di Campoformio, il forte di S. Andrea accompagnò Venezia nei suoi repentini passaggi dall’Austria, in un breve iniziale periodo, alla Francia nel 1806 quando Venezia fu aggregata al Regno d’Italia e infine nuovamente agli Austriaci nel 1815 dopo il Congresso di Vienna.

Sia il governo francese che quello austriaco erano consci dell’importanza del porto del Lido e del Forte di S. Andrea, ammirandone la natura difensiva e le qualità architettoniche. I Francesi, nonostante il dichiarato apprezzamento per la bellezza del fabbricato, constatato lo stato di degrado delle strutture ed i costi che comportava ripararle si volsero al porto di Malamocco.

I lavori alla diga di Malamocco proseguirono con gli Austriaci che rivalutarono però anche il Forte di S. Andrea nelle sua capacità di difesa al porto di Venezia, guardando allo stesso tempo con preoccupazione allo stato di abbandono e soprattutto all’ erosione causata dalle correnti, che accresceva i suoi effetti proporzionalmente all’aumento della stazza delle navi e dei flussi di transito.

Il passaggio del Forte alla Regia Marina Italiana dopo l’annessione di Venezia all’Italia, nel 1866, vide una serie di interventi anche di ammodernamento: la costruzione di una polveriera, di nuovi locali per la guarnigione, di una ferrovia interna per facilitare il trasporto del materiale. Nel 1886 dietro al forte fu creato un siluripedio, vasca per il collaudo dei siluri, poi trasformato in idroscalo e utilizzato a partire dagli anni ’70 del Novecento come ricovero per i mezzi anfibi del Reggimento Lagunari.

Il vecchio edificio cinquecentesco dimostrava ancora la sua funzionalità militare che non riuscì però a preservarlo da un inarrestabile degrado dovuto all’incuria e soprattutto ai colpi delle correnti di flusso contro l’angolo nord-est del Forte; l’erosione, segnalata a più riprese inutilmente fin dagli inizi del 1900, porterà nel giugno del 1950 al crollo di 40 metri del bastione di nord-est . I lavori di restauro e di consolidamento saranno attesi per anni, sollecitati anche da comitati e dai cittadini per il profondo valore che il Forte ha sempre rappresentato per la città.

Realizzati negli anni novanta, i lavori di restauro e consolidamento hanno dato al forte la sua conformazione attuale. Il passaggio lungamente atteso del Forte dal Demanio al Comune e le speranze dei veneziani in una riqualificazione che ne garantisca una fruibilità attenta alla valenza storica, artistica e architettonica dello straordinario complesso sono invece storia di questi giorni.

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Conclusione

Il forte di S. Andrea, soprattutto così come lo volle il Sanmicheli, si può realmente definire luogo emblema della stessa Venezia nella sua attenzione al mare, nella capacità di incontrare la laguna adattandola alle proprie esigenze in modo armonioso e non devastante, nel saper unire efficacia ed utilità a bellezza e rispetto dell’armonia dei luoghi.

Può infine, con la sua storia, svolgere simbolicamente forse ancora un’ultima funzione difensiva, non più contro ormai improbabili invasioni militari dal mare, ma contro i veri nemici della Venezia di oggi: il degrado e, soprattutto, quello sfruttamento inconsulto e quella speculazione miope che sacrifica ogni prospettiva al profitto di breve periodo.

Bibliografia: P. Frosini – N. Neri, Gli edifici militari veneziani, 1985, Istituto Italiano dei Castelli, Sezione Veneto; P. Marchesi, Il forte di S. Andrea a Venezia, Stamperia di Venezia Editrice, 1978; E. Miozzi, Venezia nei secoli, 1968, Ed. Libeccio; A. Carile- G.Fedalto, Le origini di Venezia, 1978, Pàtron Editore; M. Brusegan “Storia insolita di Venezia” Newton Compton editori, 2003; A. Zorzi, La Repubblica del Leone, 1979, Rusconi.

Immagini da: Gli edifici militari veneziani, di P. Frosini – N. Neri, Istituto Italiano dei Castelli, Sezione Veneto.

 

 

 

 

“Finanza di progetto” Sant’Andrea: la città vuole capire

  1. Consiglio comunale 25 gennaio 2015, a Ca’ Farsetti; il punto (n° 9) verrà dicusso intorno alle ore 17
  2. Assemblea pubblica, sabato 30 gennaio in sala San Leonardo, alle ore 17 precise

La cittadinanza è invitata a partecipare ad entrambi gli eventi pubblici, per capire le opportunità dell’accordo di “valorizzazione” allegato alla delibera e le implicazioni della “finanza di progetto” citata nel programma di valorizzazione a sua volta allegato all’accordo, a volte come tale a volte come “progetto di finanza” (traduzione rocambolesca dall’inglese “project financing”).

Chiediamo troppo? Sant’Andrea non è un Luna Park! Diamoci il tempo di analizzare e valutare compiutamente i pro e i contro delle soluzioni prospettate. Dateci il tempo di capire, prima di fare scelte irreversibili:

Venezia vuole capire, e non soltanto subire.

25gennaio2015 ConsiglioComunale

All’incontro pubblico aderiscono (lista in corso di aggiornamento):

AmbienteVenezia

Amico Albero

Comitato Ambientalista Altro Lido

Comitato Certosa e Sant’Andrea

Ecoistituto del Veneto Alex Langer

Europa Veneta

Estuario Nostro

FAI (Delegazione Venezia)

Faro Venezia

Gruppo25aprile

Italia Nostra (sezione di Venezia)

Istituto Italiano dei Castelli (sezione Veneto)

L’Altra Venezia

Masegni e Nizioleti Onlus

Movimento Consumatori

Poveglia per tutti

Sanca Veneta

Società di Mutuo Soccorso Carpentieri e Calafati

VAS (Verdi Ambiente Società)

VENETO ŁIÓN

Venezia Arte Cultura & Turismo

Venezia Cambia

Venessia.com

WSM

Rassegna stampa:

25 gennaio

25gennaio2016 NVCopyright: Nuova Venezia

24 gennaio:

24jan16 NV2

24jan16 NV2

Gli appuntamenti dei prossimi giorni: giù le mani da Sant’Andrea!

Con una fretta che a molti di noi pare sospetta, la delibera sulla “valorizzazione” dell’isola di Sant’Andrea con i suoi allegati (quanti di voi li conoscono?) dopo un fugace passaggio in commissione consiliare il 14 gennaio è già stata iscritta all’ordine del giorno del Consiglio comunale convocato per lunedì 25 gennaio.

Nel confermare l’incontro (aperto a tutti) organizzato per sabato 30 gennaio, invitiamo ciascuno (cittadini, giornalisti e consiglieri comunali) ad informarsi e documentarsi su un colpo di mano che non è stato preceduto da alcuna forma di partecipazione o consultazione pubblica e nemmeno dalla pubblicazione delle planimetrie che illustrano il progetto di valorizzazione (commerciale, più che culturale) di un luogo simbolico che appartiene a tutti e meriterebbe ben altro rispetto: se la città attende questa restituzione dal lontano 1797, perché non concedersi almeno due mesi per spiegare ai cittadini l’uso che se ne intende fare, prima di renderlo irreversibile con una delibera di cui quasi nessuno (e forse nemmeno i consiglieri comunali che la voteranno) conosce le numerose implicazioni? Il bene comune di cui stiamo parlando è questo:

Sant'Andrea

L’accordo di “valorizzazione” siglato dalle tre amministrazioni competenti è datato 22 dicembre, cosa impediva all’amministrazione comunale di prendersi il tempo di spiegare, convincere gli scettici (scetticismo comprensibile, visti i precedenti) e soppesare i pro e i contro per apportare eventuali correttivi nell’unico interesse che una PUBBLICA amministrazione è tenuta per legge a perseguire?

Duplice appuntamento nei prossimi giorni:

Lunedì 25 gennaio alle ore 15 a Ca’ Farsetti, per il Consiglio comunale chiamato ad approvare la delibera che, con i suoi allegati, spianerebbe la strada a trasformazioni profonde e irreversibili;

Sabato 30 gennaio alle ore 17 in sala San Leonardo, per l’incontro pubblico che abbiamo organizzato in giornata e orario tali da permettere la partecipazione di chi lavora, e non per questo deve essere privato della possibilità di esprimersi su un progetto che riguarda un bene comune unico in Italia.

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Cinque secoli di storia non si privatizzano in questo modo, senza l’ombra di un dibattito con la città che ha ricevuto in prestito quel complesso monumentale inestimabile per consegnarlo alle prossime generazioni, possibilmente integro come noi l’abbiamo ricevuto dalle precedenti. Giù le mani da Sant’Andrea!

Aderiscono all’incontro pubblico, in ordine alfabetico (lista provvisoria):

AmbienteVenezia

Amico Albero

Comitato Certosa e Sant’Andrea

Ecoistituto del Veneto Alex Langer

FAI (Delegazione Venezia)

Gruppo25aprile

Italia Nostra (sezione di Venezia)

Istituto Italiano dei Castelli (sezione Veneto)

L’Altra Venezia

Movimento Consumatori

Poveglia per tutti

Sanca Veneta

VAS (Verdi Ambiente Società)

Venezia Cambia

Venessia.com

WSM

Per chi volesse consultare i documenti che verranno votati dal Consiglio comunale, dato che l’amministrazione comunale non lo ha fatto ne abbiamo pubblicato noi la versione PDF a questo indirizzo:

https://www.facebook.com/groups/Gruppo25aprileVenezia/

Il 18 gennaio avevamo scritto: “nel caso in cui l’accordo di valorizzazione di cui abbiamo preso conoscenza, già siglato dal vice Sindaco Colle, dall’agenzia del Demanio e da Renata Codello per il Ministero dei Beni Culturali in data 22 dicembre 2015, non venisse reso pubblico in tempo utile e comunque con congruo anticipo rispetto alla sua discussione in Consiglio comunale, saremo noi a farlo”.. e siamo persone di parola.

Quale futuro per Sant’Andrea?

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Quale futuro per Sant’Andrea?

La fortezza di Sant’Andrea, nella memoria storica della città e per il valore simbolico che riveste, ha un’importanza paragonabile a quella di Palazzo Ducale. Le prospettive che si aprono con la restituzione del complesso monumentale di Sant’Andrea al Comune di Venezia, in applicazione della normativa sul federalismo demaniale e come previsto da una proposta di delibera che è già stata discussa a livello di commissione consiliare in data 14 gennaio 2016, meritano almeno un incontro pubblico e aperto agli interventi della cittadinanza, che non sia condizionato o teleguidato da interessi di parte.

1Considerato che la proposta di delibera verrà portata in Consiglio comunale già nelle prossime settimane, di concerto con altre realtà associative abbiamo deciso di organizzare un incontro pubblico a scopo conoscitivo, che si terrà a Venezia sabato 30 gennaio. Per informazioni e iscrizione alla lista degli interventi (brevi) programmati, potete fin d’ora contattare:

25aprile2015@gmail.com (segreteria organizzativa) o

marco.gasparinetti@ec.europa.eu (moderatore dell’incontro)

SantandreaVenezia attendeva questo momento dal 1797, anno in cui ha perso la sovranità sulla fortezza che dominava l’accesso principale alla sua Laguna, rendendolo inviolabile. L’isola di Sant’Andrea appartiene a noi tutti ed è quanto di più caro ci appartenga, fra i beni demaniali di cui è prevista la restituzione in virtù del “federalismo demaniale”. Le decisioni che riguardano il suo utilizzo futuro non sono soltanto l’affare di quei pochi che hanno potuto prendere conoscenza degli allegati alla delibera o dei beneficiari diretti della medesima.

La città ha il diritto di sapere e il diritto di capire: alla proposta di delibera finalizzata al trasferimento è infatti allegato un “accordo di valorizzazione” che (contrariamente a quanto previsto dal Piano di Assetto Territoriale) prevede attività di tipo turistico e ricettivo, fra cui un ristorante, un “centro benessere” e la costruzione di un albergo che prenderà il posto di questo edificio:

santandrea2.jpg

La proposta di delibera prevede (al punto 4) di “dare mandato ai competenti Uffici comunali per rendere compatibile, ove necessario, la strumentazione urbanistica vigente ai Programmi di Valorizzazione allegati”. Non sono quindi i programmi di valorizzazione che devono conformarsi alla strumentazione urbanistica vigente, ma quest’ultima che dovrà piegarsi all’accordo di “valorizzazione” economica dell’isola.

Al punto 2, la delibera prevede di “dare mandato al Vicesindaco di sottoscrivere l’Accordo di valorizzazione” allegato alla proposta, che a quanto ci consta non è stato reso pubblico. Senza pregiudizi o “sospetti” particolari, ci chiediamo se non sia opportuno renderne pubblici i contenuti in virtù dei principi generali contenuti nello Statuto comunale: Il Comune di Venezia agisce “con metodo democratico, secondo principi di partecipazione, trasparenza, solidarietà e programmazione”.

Nel caso in cui l’accordo di valorizzazione di cui abbiamo preso conoscenza, già siglato dal vice Sindaco Colle, dall’agenzia del Demanio e da Renata Codello per il Ministero dei Beni Culturali in data 22 dicembre 2015, non venisse reso pubblico in tempo utile e comunque con congruo anticipo rispetto alla sua discussione in Consiglio comunale, saremo noi a farlo su questa pagina e nei gruppi facebook delle associazioni promotrici dell’incontro del 30 gennaio, come contributo di trasparenza a una discussione che non può avvenire soltanto nelle segrete stanze, perché Sant’Andrea appartiene a noi tutti.

Sant'Andrea.jpg

“Il patrimonio culturale non può essere messo al servizio del denaro perché è un luogo dei diritti fondamentali della persona. E perché deve produrre cittadini: non clienti, spettatori o sudditi”.
Tomaso MONTANARI: Privati del patrimonio, Einaudi, 2015

Fonti normative:

Decreto Legislativo 28 maggio 2010, n.85

“Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell’articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42 “

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 134 dell’11 giugno 2010

Articolo 5, commi 5 e 6:

5. In sede di prima applicazione del presente decreto legislativo, nell’ambito di specifici accordi di valorizzazione e dei conseguenti programmi e piani strategici di sviluppo culturale, definiti ai sensi e con i contenuti di cui all’articolo 112, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, lo Stato provvede, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, al trasferimento alle Regioni e agli altri enti territoriali, ai sensi dell’articolo 54, comma 3, del citato codice, dei beni e delle cose indicati nei suddetti accordi di valorizzazione.

6. Nelle città sedi di porti di rilevanza nazionale possono essere trasferite dall’Agenzia del demanio al Comune aree già comprese nei porti e non più funzionali all’attività portuale e suscettibili di programmi pubblici di riqualificazione urbanistica, previa autorizzazione dell’Autorità portuale, se istituita, o della competente Autorità marittima.

Operazione “bricole”, per la sicurezza della navigazione in Laguna

Gruppo25Aprile e Gruppo Diportisti Laguna Veneta stanno documentando in questi giorni lo stato di collasso in cui sono state lasciate decine e più probabilmente centinaia di bricole, con il conseguente pericolo per la navigazione e per l’incolumità delle persone – ulteriormente aggravato dalle condizioni di scarsa visibilità tipiche della stagione (giornate più brevi, nebbia o caìgo). Volete darci una mano, nell’interesse di tutti? Inviate le vostre foto corredate di data e luogo, se possibile indicando il numero della bricola mancante o danneggiata (o di quella più vicina) all’indirizzo: 25aprile2015@gmail.com

Burano 10 dicembre (foto Mirco Bodi):

bricole5 buranMircoBodi10dic15Canale di Crevan, 10 dicembre (Mirco Bodi):

bricole4 canalCrevan10dic15

Canale Sant’Erasmo, zona barene (in prossimità del capitello Marcello Bertola); foto Hud D’Alessandro 10 dicembre:

Bricola7 Hud 10dic15

Prossimità San Michele, foto Hud D’Alessandro 10 dicembre

Bricola 9 Hud 10dicembre

Poveglia, foto Rosanna Ligi settembre 2015

bricolaPoveglia11dicRosannaLigi

 

Canale Scomenzera di S.Giacomo in Paludo, foto Dario Vianello 11 dicembre:

BricolaCanaleScomenzeraS.Giacomo11dicDario

Lido Venezia, canale delle Scoasse (bricole dalla numero 16 a crescere): foto Flavia Antonini 11 dicembre

BricoleFlaviantonini11dicLido

Lido Venezia, canale Scoasse fronte Poveglia, foto Flavia Antonini 11 dicembre. NB Dalla 16 alla 22 ne restano solo dei monconi, che rappresentano un pericolo grave e immediato per gli scafi delle imbarcazioni !!!

BricoleAntoniniPoveglia11dic

Isola Vignole, foto Hud D’Alessandro 11 dicembre:

bricolaVignole Hud11dic

Canale di San Cristoforo, foto G.L. Vianello 11 dicembre:

BricolaLillo11dic

Fondamente nove (Fondamenta Nuove) all’altezza del Ponte Donà, foto G.L. Vianello 11 dicembre:

BricolaLilloPonteDonà11dic

L’amico Vianello segnala anche che: “fondamente nove uscita rio dei mendicanti, mancano le bricole 37- 39”.

Quanto al canale che da Fondamenta Nuove conduce a Murano, numerosi sono gli esempi di bricole il cui stato di salute sembra ormai prossimo a quello degli ospiti dell’isola sullo sfondo (San Michele):

Bricola3Hud d'Alessandro10dic15

NB la situazione di trascuratezza è sotto gli occhi di tutti, da quello che ci è dato sapere potrebbe essere dovuta alla mancanza di fondi o anche al “balletto delle competenze”: la scelta normativa che ha soppresso il Magistrato alle Acque di Venezia trasferendone le competenze al Provveditorato interregionale (organo periferico del Ministero Infrastrutture e Trasporti) che a sua volta trasferirà questa competenza specifica (regolamenti attuativi permettendo) alla nuova Città Metropolitana di Venezia non esime lo Stato italiano (e in particolare il Ministero delle Infrastrutture,) dai suoi obblighi, dato che il trasferimento di competenze (e di risorse?) è finora rimasto sulla carta e tale resterà per qualche tempo ancora.

Di questi pasticci all’italiana non dobbiamo fare le spese noi, e tanto meno vorremmo che per “provvedere” si aspettasse un incidente da prima pagina. Vogliamo rimediare finché siamo ancora in tempo?

Per informazioni ulteriori:

https://www.facebook.com/groups/637118753057574/

e

https://www.facebook.com/groups/Gruppo25aprileVenezia/?fref=ts

Rassegna stampa:

Nuova Venezia 11 dicembre, articolo Roberta de Rossi

Bricole NV 11dic15Isola della Certosa, foto Rosanna Ligi settembre 2015:

bricolaCertosa11dicRosannaLigi

NB chi ha visto il film “l’Italia al tempo della peste” del regista Fulvio Grimaldi ricorderà forse il breve “cameo” in cui regista e portavoce del Gruppo25aprile parlano di Laguna davanti a una bricola particolare; dalle riprese del capitolo veneziano del film è trascorso esattamente un anno (dicembre 2014) e la bricola – una “dama”, per la precisione – conteneva un invito che torna di attualità, oggi:

MAV1(foto: Marco Gasparinetti)

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PS aggiornamento 20 gennaio 2016:

I) Le bricole antistanti a Sant’Erasmo, nella foto di René Seindal:

Bricola 19012016 ReneSeindalII) L’appello dei diportisti, nella rassegna stampa del 20 gennaio:

Bricole 20gennaio2016

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