Gruppo 25 aprile

Piattaforma civica (e apartitica) per Venezia e la sua laguna

Archivio per la categoria “Da dove veniamo”

2016, un anno in sintesi. Prima parte: gennaio – giugno

Cronologia di un anno straordinario sotto molti aspetti, tanto che pur selezionando le notizie abbiamo dovuto dividerla in tre parti. Questa è la prima, la seconda verrà pubblicata a breve.

30 gennaio: il gruppo25aprile organizza e coordina una pubblica assemblea in cui 20 associazioni e comitati prendono posizione contro il progetto di delibera sulla concessione della fortezza di Sant’Andrea; la delibera, adottata dal consiglio comunale pochi giorni dopo, a notte fonda e fra le proteste del pubblico presente, verrà successivamente annullata dal tribunale amministrativo regionale (v. cronologia del mese di maggio).. segno che forse non avevamo tutti i torti.

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13 febbraio: continua la “battaglia delle bricole” lanciata a dicembre di concerto con altre realtà associative fra cui il gruppo diportisti Laguna veneta. Prima tappa, lettera al prefetto Cuttaia che ci risponde nel giro di 24 ore, a conferma della gravità del problema da noi sollevato, oltre che della serietà di un Prefetto Gentiluomo al quale formuliamo i più sinceri auguri di successo nel suo nuovo e prestigioso incarico a Roma.

Seconda tappa: diffida al ministro Delrio e al Provveditore interregionale per le opere pubbliche (ex Magistrato alle Acque) che da lui dipende.

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23 marzo: primo successo nella “battaglia delle bricole”, con la circostanziata risposta del Provveditore alla nostra diffida: primi fondi in arrivo e censimento completo di tutte le bricole lagunari, suddivise in tre tipologie a seconda delle necessità di manutenzione o sostituzione, di cui nessuno ancora conosceva il numero esatto.

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1-31 marzo: il gruppo25aprile pubblica una serie di articoli sulla galassia di imprese che fanno capo al sindaco in carica e a volte fanno buoni affari con le partecipate comunali; le nostre denunce trovano eco anche nella carta stampata:

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La reazione del sindaco, vista dalla satira:

12779280_10207194778880817_7620071145844447223_o..ma la realtà supera la satira, e la previsione di cui sopra si è puntualmente avverata, con l’inedito caso di un sindaco che “blocca” decine di cittadini dal suo profilo twitter. Lezione per il futuro: mai mettere il naso negli intrecci di interessi fra pubblico e privato, anche se la mappatura da noi pubblicata era semplicemente il risultato di visure camerali accessibili a tutti.

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13 aprile: emergenza bricole, terza tappa. Incontro con il Provveditore alle opere pubbliche, ing. Roberto Daniele che con il suo staff ci presenta i risultati del censimento effettuato e i problemi di finanziamento, che trovano subito ampio risalto nella stampa locale:

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Emergenza bricole, quarta tappa: i risultati del censimento e le cartografie realizzate vengono presentati in un incontro pubblico con la cittadinanza alla scoletta dei calegheri:

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Emergenza bricole, la nostra battaglia  continua con un blitz a sorpresa: delle bellissime bricole in scala ridotta, prodotte a spese nostre, che a sorpresa compaiono sui banchi del consiglio comunale il 14 aprile a sostegno della mozione presentata dal gruppo consiliare M5S e approvata all’unanimità (!!!) grazie anche alla nostra visibile presenza in aula.

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29 aprile: la nostra reazione al “blitz” con cui il sindaco aveva appena portato in consiglio comunale una sorprendente mozione in cui si spacciava lo scavo delle tresse come il “progetto scelto dai cittadini veneziani”, mentre in campagna elettorale ci era stato esplicitamente garantito che no, non serviva affatto scavare nuovi canali:

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26 maggio: il tribunale amministrativo regionale accoglie il ricorso di Italia Nostra e annulla la delibera da noi contestata, con riferimento alla Fortezza di Sant’Andrea, per mancata consultazione della Municipalità di Venezia il cui Presidente Andrea Martini aveva fatto mettere a verbale questo macroscopico vizio di procedura, in occasione del dibattito sulla delibera contestata.

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29 maggio, il sindaco di Venezia (!!!) dichiara “il futuro di questo Comune non è Venezia, è Mestre dove c’è la gente che vive” e per noi si apre un capitolo nuovo. La città si sente tradita, sembra quasi senza parole, da più parti ci viene chiesto di organizzare una risposta forte: siamo o non siamo quelli che a sorpresa sono riusciti nella “beffa della Fenice”? Siamo o non siamo il gruppo che ha coordinato la memorabile campagna contro lo scavo del Contorta?

La nostra risposta cova sotto la cenere, si organizza con il passaparola e prende forma poche settimane dopo: si chiama “il nostro futuro è Venezia”, si concretizza in una mobilitazione lampo senza precedenti e segna l’inizio di una campagna di opinione dal nome #Veneziamiofuturo, ma di questo parleremo nella seconda parte della cronologia di un anno fuori dal comune, dove ci sarà spazio anche per i doverosi ringraziamenti a chi l’ha reso tale.P1000054

6 gennaio: c’è chi scruta il futuro nei roghi dell’Epifania e chi ammira questo:

Succede soltanto due volte all’anno (il giorno dell’Epifania e quello dell’Ascensione, detta “Sensa”) e soltanto a Venezia, nell’unica Piazza autorizzata a chiamarsi tale (le altre si chiamano “campi”). La torre dell’orologio si apre e lascia apparire questa meraviglia, con la colonna sonora delle campane che suonano a distesa:

Lasciamo ad altri i roghi dell’epifania, tradizione rurale (c’è chi dice celtica, sicuramente pagana) con cui le campagne venete cercano di scrutare il futuro dei raccolti nel fumo dei “panevin”, così come ad altri appartiene la tradizione di Halloween: a Venezia abbiamo le nostre, e battiamo le pentole a San Martino. “Cuique suum”: in questo gruppo parliamo di noi e di ciò che con noi rischia di scomparire, anziché scimmiottare tradizioni rispettabili ma estranee alla civiltà anfibia, dove il “faville a levante, panoce tante” ha scarso significato.

A quando risalgono, la torre dell’orologio e quel mirabile meccanismo che vede sfilare i re magi preceduti da un angelo con la tromba? I lavori vennero commissionati dalla Serenissima nel 1493, e a ricevere il prestigioso incarico fu Gian Carlo Rainieri, orologiaio di Reggio Emilia. Per far spazio alla torre dell’orologio, parte della Procuratia de Supra venne demolita nel 1496.

Nel Dicembre del 1497 è pronta la campana (alta 1,56 m. e dal diametro di 1,27 m.) che verrà collocata sulla sommità della Torre assieme ai due Mori (alti 2,6 metri) che la percuotono a turno con i loro martelli. Con ogni probabilità i cosiddetti “mori” rappresentavano due pastori, e il nomignolo apparve in epoca successiva, a causa della patina scura che si formò dopo la loro sistemazione conferendogli il colore che ancor oggi presentano.

La torre dell’orologio venne inaugurata il primo febbraio 1499 dal Doge Agostino Barbarigo; la Repubblica di Venezia era all’apice della sua parabola ascendente (anche Cipro era sua, dal 1489) e aveva consolidato la forma urbis che un anno dopo (nel 1500) verrà raffigurata nei minimi dettagli da Jacopo de’ Barbari, realizzando un capolavoro senza precedenti:

Nelle tavole incise da Jacopo de’ Barbari, ecco come si presenta la torre dell’orologio inaugurata un anno prima:

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Il meccanismo dell’orologio non è rimasto immutato dal 1499, ma ha subito diversi restauri commissionati per mantenerne inalterato il funzionamento. L’ultimo è stato completato nel 2006. La caratteristica più straordinaria del meccanismo, che suscitò la meraviglia dei contemporanei, era l’indicazione astronomica. Sul grande quadrante principale (4,5 m. di diametro) si potevano leggere in cerchi concentrici le posizioni relative dei cinque pianeti allora conosciuti: Saturno, Giove, Marte, Venere e Mercurio, oltre alle fasi lunari ed alla posizione del Sole nello Zodiaco. Ai quattro angoli del quadrante principale erano poste altrettante aperture circolari che ospitavano degli astrolabi, non più visibili; altrettanto dicasi per la statua del Doge (distrutta dai francesi nel 1797). Nella prossima immagine, la torre come poteva vederla il Coronelli nel 1708, con la statua del Doge Barbarigo ancora al suo posto:

Coronelli

Dettaglio significativo, la posizione del manufatto venne scelta in modo tale da essere chiaramente visibile arrivando dal mare, perché fino alla metà dell’Ottocento, la porta di accesso a Venezia era il mare e non la terraferma:

In quest’ultima immagine (fonte: archivio Alinari) la torre dell’orologio nel 1896, con le modifiche intervenute durante la duplice occupazione straniera. Il leone c’è ancora ma non è più l’originale, distrutto dai francesi insieme con tutti gli altri leoni marciani che rappresentavano il simbolo da abbattere, nel 1797.

Alinari

Un ultimo dettaglio per capire quanto fossero tenute in conto le capacità individuali e come la Serenissima si prendesse cura dei suoi monumenti: soddisfatta dell’opera prestata dall’orologiaio di Reggio Emilia, la Repubblica di Venezia gli propose di vivere all’interno della Torre con la sua famiglia, e per la manutenzione del complesso meccanismo gli accordò un compenso all’altezza del compito. La tradizione continuerà per cinque secoli consecutivi: un “temperatore” (custode e manutentore) sarà sempre presente nella Torre, e fino a quando? Fino al 1998! L’ultimo “temperatore” dell’orologio è stato Alberto Peratoner, che ci ha lasciato una relazione sul restauro intervenuto in quegli anni. La sua pagina internet, con ampia documentazione sull’Orologio, è questa:

http://digilander.iol.it/orologiodellatorre/

Fra le tante miniere di informazioni disponibili per chi volesse approfondire, c’è la pagina internet dell’Antica Orologeria Zamberlan, da cui abbiamo attinto anche noi:

http://www.orologeria.com/italiano/hj/hj008.html

Da dove veniamo.. e dove vogliamo andare?

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Da dove veniamo? Da una tradizione millenaria di auto-governo (697-1797) e successivamente (perso lo status di Repubblica indipendente) di autonomie locali che si è interrotta soltanto negli anni 20: quando con due distinti decreti (e senza alcuna consultazione popolare) vennero aboliti i Comuni esistenti per farne un Comune unico, funzionale agli interessi dei gerarchi dell’epoca che stavano sviluppando il mega-progetto chiamato Porto Marghera. Fu in quel momento che Venezia venne invitata a voltare le spalle a quel mare da cui aveva tratto la sua ricchezza, e con il quale tuttora celebra ogni anno il suo “sposalizio”, nel giorno della Sensa; ma il futuro, si disse allora, era quello che si preparava nel petrolchimico “di là dal ponte”.

Dove vogliamo andare? Verso un Comune a statuto speciale (come “speciale” è la legge per Venezia e la sua laguna) che sia nuovamente padrone del suo destino, in grado di affrontare i suoi problemi specifici (come la mobilità acquea, che ha ben poco a che vedere con il trasporto su gomma) e finalmente capace di far valere la sua unicità di comunità lagunare (compresi i costi che questo comporta, per le attività produttive e per la residenzialità) in Italia e in Europa.

Dove ci porterebbe invece l’inerzia? Sul piano inclinato di una dicotomia perdente, che ormai è sotto gli occhi di tutti ed è quella fra una città bronx (Mestre) e una città museo (Venezia), unite da un ponte ma disunite su tutto il resto, perché la politica attuale pratica il vecchio “divide et impera”, utilizzando la prima come serbatoio elettorale (per poi dimenticarsene il giorno dopo le elezioni) e la seconda come semplice “esca” per investimenti e speculazioni i cui profitti finiscono altrove, anziché essere destinati alla manutenzione e alla sopravvivenza del corpus sociale di questa città unica al mondo. I residenti nella città-museo sono di troppo, in questo disegno? Si farà di tutto per farli traslocare “di là dal ponte” anche loro, come i 100.000 (centomila!) che li hanno già preceduti negli ultimi 50 anni, prendendoli per stanchezza (come? con il costo della vita alle stelle, il trasporto acqueo al collasso, la trasformazione delle case in alberghi, la mancanza di opportunità di lavoro che non siano quelle legate alla monocultura del turismo di massa). A meno che..

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..a meno che Venezia non riprenda in mano il suo destino, e Mestre non si riappropri del suo, ognuna eleggendo i suoi rappresentanti in Consigli comunali distinti, anziché trastullarsi con il finto decentramento di “municipalità” ricche di poltrone per gli allocchi ma prive di poteri reali: “meno poltrone e più poteri reali”, è la chiave di volta della nostra proposta.

Sarà difficile? Un consiglio agli scettici: mai sottovalutare l’orgoglio di questa città, che nei momenti più disperati si è già dimostrata capace di un colpo di reni inaspettato: come nel 1848-49, con il governo provvisorio guidato da Manin e Tommaseo, e pochi decenni fa, dopo l’acqua alta eccezionale del 1966, con il “Fronte per la difesa di venezia e della laguna” formatosi intorno a “Italia nostra” e a figure di prestigio come Indro Montanelli, che con le sue iniziative a volte clamorose, ma sempre pacifiche, è all’origine della “legge speciale” finalmente ottenuta nel 1973.

Anche quando l’acqua in superficie sembrava quieta, questa città d’acqua non ha mai smesso di interrogarsi sul suo futuro. Nel 2009, Nelli-Elena Vanzan Marchini scriveva:

“Considerare Venezia come un quartiere della più grande città metropolitana Mestre-Venezia è un clamoroso errore culturale e antropologico perché vi è discontinuità territoriale fra la terra-ferma e la terra incerta in cui è stata inventata la città anfibia, Questo errore porta alla omologazione di due realtà diverse e degne di una loro diversa dignità, senza la quale nessuna delle due potrà avere uno sviluppo compatibile con la propria identità”.. e ancora:

“i diritti umani dei veneziani che vogliono continuare a vivere tale specificità coincidono con il diritto della comunità internazionale di preservare come un bene dell’umanità questa mirabile simbiosi di natura e cultura che si chiama Venezia e che solo la vita dei residenti può perpetuare. Solo i “cives” per scelta e per amore, foresti o nativi che siano, come sempre è accaduto nella nostra storia, potranno difendere la civiltà anfibia”. (“Venezia civiltà anfibia”, Cierre edizioni, 2009).

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..e allora, partiamo forse da zero, con questo gruppo? Pensarlo o darlo a credere sarebbe sbagliato e presuntuoso: nonostante il declino demografico, la società civile a Venezia continua a dar prova di una vitalità straordinaria (dimostrata anche in questi giorni, con l’iniziativa “Poveglia per tutti”) e negli ultimi anni ha fatto “palestra” sia nei social networks, dove si è articolata in gruppi “tematici” di cui daremo conto in queste pagine, sia vincendo alcune battaglie  su problemi specifici ; in entrambi i casi ha già dimostrato una capacità di mobilitazione (segno di attaccamento alla città) fuor dal comune.

Quello che a volte le manca è la capacità di “fare sistema”, ma i pali ci sono già, e le fondamenta per costruire anche: se c’è una cosa che a Venezia non manca sono le intelligenze, la capacità di analisi e di mobilitazione sui singoli problemi. Quello che a volte ci fa difetto, a noi tutti, è la capacità di sintesi e di aggregazione sul lungo periodo e a questo proveremo a porre rimedio in queste pagine, anche per valorizzare le piccole grandi vittorie già conseguite dai gruppi “tematici” dei quali, a titolo individuale, alcuni di noi fanno già parte: vinte alcune battaglie (gli esempi ci sono) a noi tutti resta da vincere un’unica grande “guerra”, ed è quella per la sopravvivenza di questa città intesa come civitas di persone. “Civitas est hominum multitudo societatis vinculo coniuncta; nomen trahit a civibus” (Isidoro di Siviglia).

A presto su queste pagine..

il gruppo 25 aprile.

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Nell’ultima foto: la casa di Sebastiano Venier, Capitano General da mar della flotta veneziana nella battaglia di Lepanto (1571). La meridiana della seconda foto è opera di Giovanni Vio, artigiano in Venezia e firmatario del nostro appello del 25 aprile:

Venezia, 25 aprile 2014

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