Gruppo 25 aprile

Piattaforma civica (e apartitica) per Venezia e la sua laguna

Archivi per il mese di “agosto, 2018”

Tolleranza zero, con cavalletto e pennelli?

Ken 28 ago 18 La Stampa

Ken 28 ago 18 Gazzettino

Comunicato stampa

Venezia da secoli costituisce un centro intellettuale di rilevanza internazionale, capace di attrarre pensatori e artisti da ogni parte del mondo tanto che, non di rado, alcuni tra essi hanno deciso di fermarsi a Venezia per lunghi periodi o di farne addirittura la loro casa.

Tuttavia in città qualcuno è ancora all’oscuro di questa tradizione plurisecolare e così proprio ieri un importante pittore contemporaneo inglese, il Prof. Ken Howard di 86 anni, è incappato in una spiacevole disavventura.

Vittima del rinato e profondo senso della legalità che sta permeando la società veneziana negli ultimi mesi, il prof. Howard, membro di varie Istituzioni culturali britanniche e insignito dell’Order of the British Empire, artista che ama Venezia e vi opera stabilmente, è stato ripreso e fatto allontanare dal luogo dove abitualmente dipinge da due inflessibili vigili.

Così, grazie al loro intervento e alle “sagge” priorità indicate loro dai superiori e dalla classe politica cittadina, la ferrea disciplina che ormai regna in città ha messo al suo posto anche un pericolosissimo artista internazionale. Non importa che Piazza S. Marco sia in preda a venditori abusivi, guide abusive, a un turismo selvaggio e senza controllo, un artista internazionale è stato fortunatamente bloccato.

Venezia è sempre stata orgogliosa della propria capacità di accogliere chi dimostrava di amarla e di voler contribuire alla sua grandezza, con i propri mezzi o le proprie capacità ma, a quanto pare, non è più così e Venezia è diventata un luogo dove vengono giustamente sanzionati pericolosi bambini che giocano a pallone, dove l’azione di incalliti pittori viene repressa senza esitazione e stoppata sul nascere l’inquietante presenza di anziani cagnolini che osano sostare al di fuori dei negozi cittadini.

Sia ben chiaro che rispettiamo e siamo grati a coloro che devono fare applicare le regole che consentono la civile convivenza: la polizia municipale svolge un lavoro difficile e spesso non riconosciuto secondo giustizia.

Ma siamo davvero sicuri che siano queste le priorità di una città allo sbando come Venezia?

Se la politica deve dare indicazioni sulle priorità da seguire e legiferare in materia è evidente che la scarsa conoscenza della realtà cittadina sta creando situazioni ingovernabili, i cittadini appaiono indifesi di fronte a situazioni intollerabili e imbarazzanti per gli stessi tutori dell’ordine.

Per questo, il Gruppo 25 Aprile manifesta la sua solidarietà al Prof. Ken Howard e ricorda che con questo spirito neppure Turner o Monet avrebbero mai potuto operare a Venezia e donare la loro arte al mondo.

A ben pensarci, forse anche i venezianissimi Guardi o Canaletto sarebbero stati costretti ad emigrare ma, dato il modus operandi della politica locale negli ultimi decenni, questo ce l’aspettavamo già.

Venezia, 27 agosto 2018

Nella foto che segue (grazie a Stefano Varponi), il professor Ken Howard con il “corpo del reato”. Nelle due foto precedenti, gli articolo di Eugenio Pendolini per la Stampa e Giorgia Pradolin (Gazzettino).

Ken Howard by Stefano Varponi

TAR Veneto: una sentenza che non convince

Il TAR decide sul referendum: Questa separazione non s’ha da fare!

di Giacomo Menegus*

Lo scorso 14 agosto è stata pubblicata l’attesa sentenza del TAR Veneto sui ricorsi promossi da Comune e Città metropolitana avverso il referendum per la separazione tra Mestre e Venezia. La decisione, che boccia la consultazione, aderendo pressoché in toto alle censure mosse dai ricorrenti, suscita più di qualche perplessità, visti gli argomenti quantomeno discutibili impiegati dal giudice amministrativo in motivazione.

Riducendo al nocciolo la questione oggetto del contendere, si può dire che il giudice amministrativo fosse chiamato a decidere se – per dividere il territorio comunale in due distinti comuni – fosse legittimo il procedimento descritto dalla legge regionale n. 25 del 1992, seguito in questo caso da Regione e promotori della consultazione; oppure se fosse necessario percorrere il diverso e più articolato procedimento indicato dalla legge Delrio (art. 1, comma 22), come sostenevano Comune e Città Metropolitana.

Per comprendere appieno i termini della questione – a dire il vero non semplici – è necessario fare qualche passo indietro: prima dell’istituzione delle Città metropolitane, la competenza per l’istituzione di nuovi Comuni spettava senza dubbio alle Regioni. Lo stabiliva (e lo stabilisce tuttora) con chiarezza una disposizione della Costituzione, l’art. 133, comma 2, Cost., che recita: «La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni». Per quanto riguarda il Veneto, la legge regionale di riferimento – che detta il procedimento per l’istituzione di nuovi comuni – è la n. 25 del 1992 (con successive modificazioni).

Nel 2014, a distanza di diversi anni dalla loro previsione in Costituzione (realizzata con la riforma del 2001) venivano finalmente istituite le Città Metropolitane con la cosiddetta legge “Delrio” (l. n. 56 del 2014).

Al vertice dell’organizzazione di tali enti si colloca il Sindaco metropolitano che “di diritto” (cioè automaticamente) è il Sindaco del Comune capoluogo metropolitano. Il Sindaco metropolitano non è quindi eletto da tutti i cittadini della città metropolitana (che nel nostro caso corrisponde all’ex-Provincia di Venezia), ma dai soli cittadini del capoluogo (Comune di Venezia).

La legge lascia comunque aperta la possibilità che, nello Statuto metropolitano, si decida diversamente, consentendo a tutti i cittadini metropolitani (compresi quelli residenti fuori dal capoluogo) di eleggere direttamente il Sindaco e il Consiglio metropolitano.

Per far ciò però la stessa legge richiede che il Comune capoluogo sia prima scorporato in più Comuni, secondo l’articolato procedimento descritto all’art. 1, comma 22, della legge.

Il senso della norma è chiaro: si vuole evitare la compresenza, sullo stesso territorio, di due figure politicamente forti, quali sarebbero il Sindaco metropolitano (forte dell’investitura elettorale dell’intera città metropolitana) e il Sindaco del capoluogo (posto alla guida del centro più importante della Città metropolitana). Il legislatore temeva l’insorgere di conflitti tra Sindaco metropolitano e Sindaco del capoluogo che – specie se i due Sindaci fossero stati espressione di diversi e contrapposti movimenti politici – avrebbero potuto condannare la neonata Città metropolitana all’inefficienza e alla paralisi. Per questo la legge dispone che, qualora si opti per l’elezione diretta del Sindaco metropolitano, si depotenzi al tempo stesso il Sindaco del capoluogo, provvedendo preventivamente a suddividere il capoluogo in comuni più piccoli, con un peso politico meno rilevante.

La previsione di un procedimento di scorporo del capoluogo collegato all’elezione diretta del Sindaco metropolitano ha generato tuttavia confusione e perplessità: quale procedimento applicare nel caso in cui si voglia dividere il comune capoluogo, senza che tale divisione abbia nulla a che fare con l’elezione diretta del Sindaco metropolitano? Insomma, in un caso come quello del Comune di Venezia, nel quale non interessa affatto introdurre l’elezione diretta del Sindaco metropolitano, ma si vuole semplicemente far nascere due distinti comuni, quale procedimento va seguito?

Tale quesito, cui si sarebbe dovuto rispondere senza troppi patemi seguendo semplicemente il dettato costituzionale, ha invece visto affermarsi l’idea che il procedimento indicato dalla legge Delrio fosse divenuto l’unico procedimento applicabile per la divisione in più Comuni del capoluogo metropolitano. Ed è questa la tesi sposata dal TAR Veneto.

Fatta questa breve premessa, si può procedere con l’esame delle motivazioni della sentenza.

Per chi volesse leggere direttamente il testo della sentenza (pubblicata sul sito http://www.giustizia-amministrativa.it), la sezione che interessa è quella in “Diritto”: di questa, una prima parte è tutta dedicata all’esame delle questioni processuali. L’esame del merito inizia con la lettera A2) e prosegue fino alla fine del provvedimento.

Gli argomenti impiegati dal giudice amministrativo possono essere distinti in due gruppi: da una parte, quelli connessi alla supposta incompatibilità della procedura seguita da promotori e Regione (punti A2, B2 e C2); dall’altra, quello attinente alla formulazione del quesito referendario (D2).

Cominciamo dai primi.

L’argomento centrale impiegato dal TAR è il seguente: la legge Delrio impone – qualora non siano eletti direttamente il Sindaco e il Consiglio metropolitano – che il capoluogo della Città metropolitana sia (e permanga) il Comune più popoloso della stessa (punto A2). Il referendum porterebbe invece il capoluogo – che rimarrebbe il Comune di Venezia, ridotto alla sola parte lagunare – ad avere una popolazione considerevolmente inferiore al neonato Comune di Mestre e pertanto non sarebbe ammissibile.

Che il capoluogo della Città metropolitana debba essere anche il Comune più popoloso lo si dovrebbe indurre – dato che non è espressamente previsto dalla legge – da due disposizioni della legge Delrio (art. 1, commi 19 e 21): la prima individua nel Sindaco del capoluogo il Sindaco metropolitano di diritto; la seconda impone il rinnovo del Consiglio metropolitano qualora sia rinnovato il Consiglio del Comune capoluogo.

Secondo il TAR queste disposizioni sarebbero prive di senso se il capoluogo non fosse anche il Comune più popoloso: il Sindaco del capoluogo è sindaco metropolitano di diritto «per l’evidente ragione che esso è il Sindaco più rappresentativo, rappresentando il Comune con il maggior numero di abitanti tra i Comuni della Città metropolitana»; il Consiglio metropolitano si rinnova nel momento in cui è rinnovato il Consiglio del Comune capoluogo perché «il Comune capoluogo esprime, rispetto agli altri Comuni della Città metropolitana, il corpo elettorale più numeroso». Tale “equilibrio” sarebbe «espressione del principio di rappresentanza democratica, quindi, in definitiva, dello stesso principio democratico che permea il nostro ordinamento sin dall’art. 1 della Costituzione, cosicché la sua alterazione o compromissione, lungi dal rappresentare una questione di mera opportunità, vulnera alla radice la stessa conformità alla Costituzione del nuovo Ente: quest’ultimo diventerebbe una sorta di “scheggia impazzita”, di elemento dissonante, nell’ambito del nostro ordinamento costituzionale, non rispondendo più a basilari regole di rappresentanza democratica».

Il ragionamento del giudice amministrativo è sorprendente.

Il Comune capoluogo dev’essere il Comune più popoloso perché solo così si garantisce la rappresentatività del Sindaco metropolitano e la ragionevolezza del contestuale rinnovo del Consiglio del capoluogo e di quello metropolitano.

È una strana declinazione del principio di rappresentanza democratica, direi inedita.

Sarebbe interessante capire quale genere di rappresentatività democratica garantirebbe il Sindaco del Comune capoluogo rispetto a tutti i cittadini metropolitani che vivono al di fuori del Capoluogo e che pertanto non partecipano alla sua elezione (né diretta né indiretta), tanto nel caso in cui il Capoluogo sia il Comune più popoloso, tanto che non lo sia. Quale rappresentatività garantirebbe rispetto ad un cittadino di Mira, di Portogruaro, di Jesolo, di Chioggia? Il fatto è che semplicemente il Sindaco metropolitano “di diritto” non è rappresentativo di tali cittadini, né se il Comune capoluogo rimane il più popoloso né se vede considerevolmente ridotta la propria popolazione.

Che il ragionamento del TAR Veneto non sia irreprensibile sotto il profilo logico, prima ancora che giuridico, lo si intuisce anche da alcuni passi della motivazione posti “a supporto” della tesi sostenuta: si dice, ad un certo punto, che il Sindaco metropolitano – in esito alla divisione del Comune voluta dai fautori del referendum – «non avrebbe più quasi nessun legame di rappresentanza territoriale con il Consiglio, perché circa il 90% dei Consiglieri Metropolitani sarebbe espressione di un territorio diverso da quello di cui è espressione il Sindaco».

Allo stato attuale invece, con appena 6 Consiglieri “veneziani” su 18, il Sindaco garantisce una maggiore rappresentatività? Di quale percentuale della popolazione metropolitana dovrebbe essere espressione il Sindaco metropolitano per assicurare questa rappresentatività del “Comune più popoloso”? Almeno il 20%, il 30% o più? Perché, allo stato attuale, ci sono Sindaci metropolitani che rappresentano poco più del 20% della popolazione (Firenze, Bari), altri più del 30% (Reggio Calabria circa 32%, Bologna 38%), altri ancora addirittura il 68% (Genova). O è sufficiente che il Sindaco metropolitano sia semplicemente il Sindaco del Comune capoluogo=Comune più popoloso per garantire la rappresentatività democratica dell’organo, a prescindere dalla porzione di popolazione metropolitana effettivamente rappresentata?

È evidente che qualcosa non torna.

Il punto è che il Legislatore non ha individuato il Sindaco metropolitano nel Sindaco del Comune capoluogo per rispondere ad esigenze di rappresentatività democratica. Anzi un certo deficit democratico rappresenta uno dei tratti caratterizzanti della Città metropolitana, per come disciplinata dalla legge Delrio. A conferma di ciò, basti ricordare che uno dei punti più aspramente criticati in dottrina della Legge Delrio è stata proprio la mancata previsione di elezioni dirette del Sindaco e del Consiglio e che il tema è stato pure oggetto di ricorso dinanzi alla Corte costituzionale (poi respinto, ma con motivazioni criticatissime persino dai fautori della costituzionalità della legge).

Il Sindaco del Comune capoluogo è Sindaco metropolitano di diritto in ragione del ruolo particolare e dell’importanza del Comune capoluogo intorno a cui si aggrega la Città metropolitana, non per questioni rappresentative.

Si può discutere se il Comune di Venezia – ristretto alle sole isole della Laguna – manterrebbe la propria centralità nella Città metropolitana o la perderebbe a favore di Mestre.

Resta comunque il fatto che l’argomento della necessaria corrispondenza tra Comune capoluogo e Comune più popoloso in funzione di una maggiore rappresentatività democratica degli organi della Città metropolitana – argomento su cui si basa l’impianto motivazionale della sentenza – non ha alcun serio fondamento.

La pronuncia del TAR Veneto si segnala però per un’ulteriore criticità: cercando di salvare una supposta razionalità dell’organizzazione della Città metropolitana tracciata nella Legge Delrio, finisce per disattendere il dettato costituzionale ed opera un inammissibile rovesciamento della gerarchia delle fonti del diritto, facendo sostanzialmente prevalere una legge ordinaria – peraltro secondo un’interpretazione della stessa piuttosto discutibile – sulla Costituzione. La Carta parla chiaro infatti: «La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni» (art. 133, comma 2, Cost.). Si tratta di una norma attributiva di competenza, competenza consegnata in toto alle Regioni.

La Legge Delrio (legge dello Stato) non può disciplinare l’istituzione di nuovi comuni, per il semplice motivo che lo Stato non è competente sul tema. Bisogna pur ricordare che la disciplina adottata con la legge Delrio in tema di Città metropolitane trova il suo fondamento costituzionale nell’art. 117, comma 2, lett. p), che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; mentre la competenza regionale in materia di variazioni territoriali dei comuni continua a persistere in capo alle Regioni in virtù dell’art. 133, comma 2, Cost.

Già il fatto che la legge Delrio abbia previsto una diversa (e necessaria) procedura di scorporo del Comune capoluogo funzionale alla diretta elezione del sindaco metropolitano (art. 1, comma 22) solleva più di qualche dubbio di legittimità costituzionale; se tale previsione ha passato indenne il vaglio della Corte costituzionale (Corte cost. n. 50 del 2015), dinanzi alla quale era stata impugnata, lo si deve probabilmente anche al fatto che lo scorporo è funzionale all’elezione diretta del Sindaco metropolitano (e si può perciò far rientrare, seppur a fatica, nella legislazione elettorale) e che il procedimento previsto dalla legge Delrio – a ben vedere – solo a tale ipotesi andrebbe applicata, ferme restando per tutti gli altri casi competenza e procedure regionali.

Il giudice amministrativo sembra invece svalutare il dettato costituzionale e il conseguente obbligo di interpretare le disposizioni della Delrio in conformità con la Costituzione (e non viceversa). L’unica procedura ammissibile per i Comuni capoluogo di Città metropolitana è ritenuta essere quella tracciata dalla legge Delrio; che sarebbe addirittura rispettosa dell’art. 133, comma 2, Cost., dal momento che l’istituzione dei nuovi comuni derivanti dallo scorporo sarebbe da farsi con legge regionale (così prevede l’art. 1, comma 22).

Si tratta però di un ulteriore fraintendimento delle norme, dal momento che l’iniziativa per lo scorporo del Comune capoluogo secondo la legge Delrio spetta al medesimo Comune capoluogo. Il che equivale a dire che – pur concludendosi con una legge regionale – il procedimento non è nella disponibilità della Regione, diversamente da quanto è previsto dall’art. 133, comma 2, Cost. (oltre ad essere disciplinato, per i tratti più salienti, da una legge dello Stato).

Qualche parola merita infine l’affermazione per cui il quesito del referendum sarebbe stato privo dei necessari caratteri di chiarezza, semplicità, coerenza, completezza e univocità (punto D2), perché recitava: «È lei favorevole alla suddivisione del Comune di Venezia nei due Comuni autonomi di Venezia e Mestre, come da progetto di legge di iniziativa popolare n. 8?», senza determinare puntualmente quale parte del territorio comunale sarebbe andata a Mestre e quale a Venezia. Se è pur vero che con Mestre non si designa l’intera terraferma e con Venezia non si identifica l’intera area lagunare del Comune (un’indicazione delle località avrebbe forse meglio soddisfatto i predetti requisiti), è anche vero che il senso della consultazione era chiaro a chiunque e la bocciatura dell’iniziativa referendaria sotto questo profilo pecca di un formalismo eccessivo.

La sentenza svolge altre e ulteriori considerazioni: tra le altre, si ricordano quella per cui la suddivisione del Comune andrebbe ad incidere sulla competenza statale in materia di organi di governo della Città metropolitana (punto B2) e quella per cui la popolazione interessata al referendum sarebbe quella metropolitana e non solo quella del Comune di Venezia (C2). Si tratta però di argomentazioni che appaiono secondarie ai fini della decisione e comunque consequenziali rispetto alle premesse iniziali già trattate.

Col senno di poi, la scelta del Governo di ritirare il ricorso per conflitto di attribuzioni pendente davanti alla Corte costituzionale ha finito per rivelarsi controproducente per la causa referendaria: si voleva lasciare via libera al voto, ma si è sostanzialmente impedito alla Corte costituzionale di fare chiarezza sul punto. Non si può scommettere che la Corte si sarebbe espressa in modo diverso dal TAR, ma a Palazzo della Consulta si sarebbe probabilmente trovata maggiore sensibilità per i profili squisitamente costituzionalistici della questione, in rapporto ai quali il giudice amministrativo – si è visto – non ha mostrato grande dimestichezza.

Che fare ora?

Una via è già stata indicata dai soccombenti: ricorso al Consiglio di Stato con domanda di sospensiva. Visti gli inciampi in cui è incorso il giudice di primo grado, non è affatto improbabile che il ricorso sia accolto.

Altra strada – già caldeggiata – è quella della modifica legislativa della legge Delrio, che richiede tuttavia una solida (e consapevole) volontà politica per avere successo.

Sul punto occorre inoltre fare attenzione. Servono modifiche mirate, volte a rendere espresso il fatto che il procedimento di scorporo del Comune capoluogo previsto dalla legge Delrio si applica solo e limitatamente all’ipotesi di elezione diretta del Sindaco metropolitano; mentre la competenza e le procedure regionali permangono in tutti gli altri casi, anche se riguardano il Comune capoluogo.

Si tratterebbe di intervento fatto comunque nella consapevolezza che – prima o poi – sarà necessario rimettere mano all’impianto complessivo della legge, che finora ha offerto risultati piuttosto deludenti. Un intervento riformatore che magari si fondi – almeno stavolta – su una riflessione seria, approfondita e documentata circa il ruolo e le funzioni delle Città metropolitane, non inquinata da logiche di risparmio ad uso propagandistico e gretti localismi.

Mi sembra invece da evitare un intervento legislativo che vada a semplificare il procedimento previsto dalla Delrio: considerato che la materia, come si è visto, si colloca su un confine incerto tra competenza regionale in tema di istituzione di nuovi comuni e competenza statale in tema di legislazione elettorale delle Città metropolitane, mettervi mano significherebbe rischiare di riattivare il contenzioso tra Stato e Regioni dinanzi alla Corte costituzionale, con esiti alquanto incerti.

Insomma, le strade percorribili sono due, che non si escludono a vicenda: giudiziaria e legislativa; il tempo stringe tuttavia e se pure la consultazione – come auspicano i promotori del referendum – si dovesse tenere il 30 settembre, non vi sarebbe più spazio per un dibattito serio nel merito della separazione tra Venezia e Mestre, capace di andare al di là di semplici boutade propagandistiche.

Il tutto in danno di un voto consapevole e informato su una questione così importante per il futuro delle due città.

* (Dottore di ricerca in Diritto costituzionale, Università di Ferrara)

Panda Day

#MiNoVadoVia: faccio spesa in Pescaria – rassegna video

Il video della nostra Loredana Spadon:

 

 

Le videointerviste di Antonella Gasparini (VeneziaToday):

http://www.veneziatoday.it/attualita/mercato-pescheria-rialto-appello-veneziani.html

Il servizio di Tommaso Stoppa per Rete Veneta e Antenna 3:

 

Alcune fra le molte testimonianze di affetto postate sulla pagina FB dell’evento:

R Martina Bettoni

(foto Martina Bettoni)

R 11 ago Tina Puppi

(foto Tina Puppi)

R 11 ago valentina sapienza.jpg

(foto Valentina Sapienza)

R 11 ago Angela Bianco

Foto Angela Bianco (mamma di questo meraviglioso bambino) che ringraziamo per la foto e per l’autorizzazione a pubblicarla.

R Rizzardini 10 ago 18

(ci state già togliendo tutto, lasciateci almeno questo!) Foto Alessandro Rizzardini

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Foto Nicoletta Frosini, con la fotografa Anna Zemella e l’attore e regista teatrale Alessandro Bressanello.

Schei contro bagigi? Comunicato stampa del G25A

Venezia, 12 agosto ’18
Comunicato stampa
Con riferimento all’articolo “La pubblicità fai da te dell’imprenditore non piace a Vela”, apparso oggi sia nell’edizione cartacea che in quella online del Gazzettino,
e con particolare riferimento al sottotitolo “Dopo le critiche del gruppo 25 aprile è arrivata la decisione”,
desideriamo precisare quanto segue.
  1. il gruppo25aprile non ha chiesto né sollecitato a VeLa o ad AVM una decisione nel senso indicato, e nemmeno si era espresso in materia. All’interno del gruppo chiuso le discussioni sono molteplici e il tema è stato affrontato come tanti altri, senza prese di posizione ufficiali;
  2. Nel merito della vicenda, dato che siamo stati tirati in ballo ci sentiamo a questo punto di esprimere apprezzamento per l’autonoma decisione con cui i vertici aziendali hanno interrotto una campagna pubblicitaria che da molti residenti è stata percepita come di cattivo gusto;
  3. nel metodo, auspichiamo che decisioni di questo tipo vengano comunicate agli operatori interessati prima dell’inizio della campagna pubblicitaria e non dopo;
  4. alle affermazioni del Signor Micheletti, che al Gazzettino afferma di aver ricevuto offese nel nostro gruppo facebook, serenamente rispondiamo che il fatto non sussiste, offese non ce ne sono state e di lui fino ad oggi non conoscevamo neanche il nome. Il fatto che la campagna pubblicitaria “schei, miga bagigi” sia a lui riconducibile è stato reso noto soltanto oggi dall’articolo in questione.
  5. Campagne pubblicitarie come questa possono piuttosto ritenersi offensive per i residenti che sempre maggiori difficoltà incontrano nel reperire un alloggio a causa dell’inesorabile trasformazione di ogni metro quadro in locazioni turistiche che portano “schei”, mentre i residenti sono implicitamente associati ai “bagigi”.
  6. Su questo tema il gruppo25aprile ribadisce il proprio impegno civico dalla parte dei residenti, senza crociate e senza caccia alle streghe che non sono nel nostro stile.

12 ago 18 anna marin

Foto: Anna Marin

L’articolo del Gazzettino:

schei 12 agosto 18

 

#MiNoVadoVia: faccio spesa in Pescaria

Qualche numero sulla mobilitazione lanciata dalla nostra pagina facebook: 346 condivisioni, 63.149 visualizzazioni e 1.288 persone iscritte all’evento:

https://www.facebook.com/events/671092613258477/

Un grazie a chi è andato/a in pescaria a Rialto oggi, mille grazie a chi lo farà nei prossimi giorni: siamo solo all’inizio, questa battaglia non si vincerà in un giorno e noi vogliamo vincerla.

Il nostro appello alla cittadinanza e agli ospiti di Venezia è: chi è in città ci vada nei prossimi giorni o quando tornerà dalle ferie. Non lo facciamo per la gloria di questo gruppo che avrà mille difetti ma almeno ci prova, a invertire la rotta: lo facciamo per chi a Rialto ci lavora e si alza alle 3 del mattino.

Insieme possiamo ancora farcela, a invertire la rotta, e le prime reazioni lo testimoniano:

R 7 ago 18

Non lo facciamo per noi stessi ma per una città che senza quel mercato non sarebbe più la stessa. Lo ha capito anche la stampa estera che alla mobilitazione ha già dedicato questo articolo:

https://www.telegraph.co.uk/news/2018/08/06/historic-venice-fish-market-fights-survival-local-shoppers-replaced/?WT.mc_id=tmg_share_fb

Lo hanno capito i mass media e le televisioni che stamattina erano sul posto e ci hanno regalato dei servizi memorabili, come quello di Tommaso Stoppa per Rete Veneta (con le interviste agli operatori “superstiti”):

e questo video con articolo, opera di Antonella Gasparini:

http://www.veneziatoday.it/attualita/mercato-pescheria-rialto-appello-veneziani.html

Ne hanno parlato anche quotidiani nazionali come La Stampa che alla vicenda ha dedicato una pagina intera con richiamo in prima pagina:

R2

R la stampa 6 agosto

..ma il compito spetta a noi e soltanto a noi: perché è solo con esempi concreti e con la nostra presenza che potremo spingere un’amministrazione comunale “assente” a fare finalmente la sua parte.

R3

Foto: Nicoletta Frosini

Testo: Marco Gasparinetti

Siete utenti di Twitter? Passate parola anche là!

All’inizio erano 80 mila euro..

#ZuccheroAmaro ultimi sviluppi, proviamo a riepilogarli?

Terza puntata, “il Segreto della Sfinge”:

Sfinge

  1. All’inizio erano 80mila euro netti per manutenzione e restauri di Piazza San Marco, ricordate? Pomposamente annunciati e ribaditi anche nel comunicato stampa ufficiale del Comune di Venezia
  2. L’accesso agli atti effettuato dal consigliere comunale Davide Scano ha dimostrato che gli 80mila non ci sono mai stati; esisteva invece un’offerta di 60mila euro che VeLa ha deciso di incamerare come “corrispettivo consulenza” mettendoci in omaggio la COSAP e altre cosucce con il risultato che il gettito per VeLa (per lei e NON per le casse comunali) scenderà sotto i 50mila da usare per altri fini. Quali?
  3. Interpellata dai quotidiani, VeLa dichiara che la rimanenza (non quantificata) verrà destinata al servizio di “Guardians” in area marciana. Abbiamo udito bene? Dai restauri della piazza alla manutenzione degli steward? Manutenzione o “lifting” per le hostess, se volessimo cavarcela con una battuta, ma non lo faremo quindi proseguiamo con l’analisi delle varie versioni propinate alla stampa:
  4. Come riportato dalla stampa locale, quel servizio consiste in 7.644 ore di servizio nelle aree nevralgiche della città: piazza San Marco, piazzale Roma, fondamenta Santa Lucia, l’area Realtina, Santi Apostoli, Fondamente Nove, Campo della Carità, Campo San Bartolomeo“ (fonte: VeneziaToday). Peccato che sia già stato finanziato con delibera ad hoc di cui il Consiglio comunale intero ha potuto prendere conoscenza in occasione del voto sulla variazione di bilancio: 200mila euro dal Comune a VeLa, e adesso come la mettiamo?
  5. Incidenter tantum, fonti anonime a noi dicono che i poveri “steward” vengono pagati 6 euro all’ora, ampiamente coperti dai 200.000 già stanziati. I conti non tornano carissima VeLa, e a questo punto siamo tentati di chiedere conto anche di altre gestioni che fanno capo a VeLa. Un esempio per tutti:
  6. la porzione di Arsenale “restituita alla città” e che in realtà viene utilizzata esclusivamente per feste private, con un gettito complessivo che ha superato il milione di euro mentre alla manutenzione dell’Arsenale non è stata destinata una sola goccia di quel fiume di denaro gestito con la più grande discrezionalità dalla stessa VeLa che ha incamerato i soldi inizialmente destinati da Zucchero a Piazza San Marco. Ora di fare luce, sul modo in cui VeLa gestisce certi spazi e sul ritorno per la collettività. Le zone d’ombra non si addicono a una partecipata comunale, anche se i suoi vertici sono al di sopra di ogni sospetto.

#ZuccheroAmaro: che fine hanno fatto i soldi?

Z1

Comunicato stampa

Venezia 6 agosto 2018

Dopo attento esame dei documenti ottenuti grazie all’istanza di accesso agli atti,

Prendendo atto con stupore e incredulità delle risposte evasive e fumose di VeLa, che in realtà sembrano confermare la realtà dei fatti denunciati,

il Gruppo25Aprile appoggia e sostiene l’interpellanza presentata dai consiglieri comunali Davide Scano e Sara Visman (M5S) che qui trascriviamo per conoscenza di tutti:

INTERPELLANZA a risposta orale in Commissione ai sensi dell’art. 8 del Reg. C.C.

Premesso che

  1. il 3 maggio scorso è pervenuta presso il Comune di Venezia la richiesta, formulata dalla società F&P Group S.r.l., di organizzare in Piazza San Marco due concerti del noto artista italiano Zucchero Fornaciari. Le due serate, previste per il 3 e 4 luglio, sarebbero state le uniche due date italiane del tour europeo del cantante;

  2. nella proposta della società è scritto che “nell’ottica poi di lasciare un segno tangibile alla città, ci impegniamo sin d’ora a versare, come contributo per la conservazione ed eventuale restauro di Piazza San Marco, la cifra di 60.000 euro secondo modalità che verranno concordate”. Si richiede poi “di poter entrare nell’area sin dal 27 giugno per l’allestimento, utilizzando poi il 5 e 6 luglio per lo smontaggio”;

  3. nella relazione tecnica, allegata alla domanda depositata, si precisa che “sono previsti 4.999 posti a sedere”, che “la superficie complessiva della piazza disponibile per il calpestio presenta dimensioni planimetriche di circa 150 x45 metri con superficie complessiva di circa mq 7.200” ed infine che l’area sarà, di fatto, completamente transennata e/o limitata con barriere metalliche;

  4. nello stesso documento si elenca poi una serie di “richieste preliminari” per lo svolgimento della manifestazione. Trattasi, in particolare, de:

  • l’occupazione del suolo è richiesta da 29 giugno 2018 al 6 luglio 2018 (montaggio, show days e smontaggio)”;

  • esposizione materiali pubblicitari”;

  • ausilio della P.L./Protezione Civile a garanzia e presidio integrativo della Piazza in aggiunta agli addetti AGE interni all’organizzazione”;

  • prolungamento dell’orario per l’ambulatorio medico attrezzato in Piazza…”;

  • l’apertura fino al termine del concerto della batteria servizi igienici posti sul retro della Piazza San Marco…”;

  • “…mettere a disposizione l’impianto elettrico in BT di potenza massima KW 200 […] per utilizzare energia a servizio dello show”;

premesso inoltre che

  1. con e-mail del 29 giugno scorso, il Gabinetto del Sindaco, nella persona del dott. Morris CERON, scrive a Ve.La. S.p.A. in merito all’evento chiedendo “di procedere alla contrattualizzazione della proposta allegata” (cioè quella inviata da F&P il 03 maggio).

Poi aggiunge di “coordinare tutte le attività autorizzative e supervisionare lo svolgimento della manifestazione, con l’obbiettivo di minimizzare gli impatti sulla città durante tutte le fasi, dall’allestimento alla conclusione dell’evento”;

  1. ebbene, nel brevissimo lasso di tempo intercorrente tra il 29 giugno ed il 3 luglio, Ve.La. ha firmato con la società privata un contratto per “servizi di consulenza tecnica e amministrativa nell’organizzazione delle riprese…” (il termine “riprese” è ovviamente un refuso dovuto al copia e incolla da un altro contratto);

  2. con il contratto, “Ve.La. si impegna a coordinare […] per l’ottenimento dei seguenti permessi” (dichiarazione di pubblico interesse, autorizzazione ad effettuare i concerti, convocazione della C.d.S., esposizione temporanea mezzi pubblicitari) ed a mettere “a disposizione 20 spazi pubblicitari 70×100 presso il circuito di imbarcaderi ACTV in gestione”;

  3. a carico di F&P Group sembrano ricadere invece, apparentemente, quasi tutte le rimanenti attività con relativi costi. Quest’ultima poi “autorizza, previo accordo con l’artista, ad inserire il concerto di “Zucchero” nella campagna del Comune #enjoyrespectVenezia”.

Inoltre si prevede che “F&P si impegna a fornire a Ve.La., a titolo gratuito, 100 biglietti per ciascuno dei concerti di Zucchero programmati il 3 e 4 luglio 2018 nei seguenti settori: 30 posti di poltronissima, 30 posti di seconda poltrona e 40 posti di terza poltrona”;

  1. al capitolo “Corrispettivo”, si prevede che “a fronte della consulenza […] subordinatamente all’ottenimento dei permessi […] F&P corrisponderà a Ve.La. un corrispettivo di Euro 60.000 oltre IVA”. Poco dopo si aggiunge che “il corrispettivo sarà inclusivo dei canoni COSAP e CIMP per lo svolgimento della manifestazione”;

  2. Ve.La. , nella nota di risposta ad una mia istanza di accesso agli atti, mi ha comunicato che gli “oneri derivanti dalla COSAP”, compresi nella cifra di 60.000 euro, saranno poi versati al Comune di Venezia “nei tempi tecnico-amministrativi connaturati alla tipologia di pratica” (!);

considerato che

  1. Lei ha dichiarato pubblicamente in più occasioni che l’artista avrebbe donato alla città una cifra tra i 70-80 mila euro. Anche dopo lo svolgimento dei due concerti, ha dichiarato, con comunicato stampa del Comune del 04.07.2018 che “l’artista ha donato 80 mila euro alla città che verranno utilizzati per manutenere la piazza e aiutare in modo concreto Venezia”: questo messaggio ha aiutato, inconsapevolmente o meno, a far “digerire” meglio ai veneziani l’idea di ospitare nuovi concerti nel delicato contesto di Piazza San Marco, dopo un lungo stop durato sette anni; Da quanto sopra descritto, emerge tuttavia in modo evidente che quanto da Lei dichiarato non corrisponde affatto al vero;

  2. Ve.La. non ha eseguito il semplice input ricevuto dall’Amministrazione comunale ma ha deciso, autonomamente o meno, di trasformare una “donazione” di 60.000 euro, a cui poi avrebbero dovuto sommarsi le normali imposte previste da leggi e regolamenti, in un corrispettivo all inclusive;

  3. non c’è alcuna donazione per la città di Venezia e la sua Piazza ma, soltanto, un corrispettivo per l’operato di Ve.La. ed un importo, non meglio precisato, a titolo di COSAP che il Comune incassa di regola per ogni occupazione di suolo pubblico;

  4. all’inesistente donazione si aggiungono i 200 biglietti consegnati a Ve.La. e distribuiti a pioggia, pare, ad assessori, consiglieri comunali, dirigenti comunali e delle partecipate, parenti, amici, ecc. Il controvalore di tali biglietti, pari a 22.000 euro, è anch’esso considerabile una parte di donazione sottratta alla città.

Sottratto, peraltro, al solo scopo di permettere a duecento persone del cd establishment cittadino di andare al concerto quando, si presume, il 99,9% di queste persone si sarebbe potuta comprare il biglietto da sé;

  1. dai quaderni di bordo dei motoscafi “blu” di Ca’ Farsetti risulta che, durante la seconda serata del concerto, una barca ha portato vari esponenti politici, alle 20:00, da P.le Roma al “Todaro” in Piazza San Marco (il registro cita: “Colle, Zaccariotto, D’Este più altri”). Lo stesso natante ha fatto probabilmente il viaggio di ritorno, alle 00:15 del giorno dopo, da Ca’ Farsetti fino a P.le Roma (il registro indica, sbrigativamente: “assessori vari più altri”);

premesso e considerato tutto quanto sopra,

si chiede:

  1. di spiegare i motivi per cui abbia mentito all’intera città, sulla vicenda qui descritta. Peraltro, mettendo in cattiva luce il grande artista italiano che immaginiamo desiderasse realmente fare una donazione alla città, in cui ha comprato pure casa di recente;

  2. se e quali misure adottare, nell’immediato, nei confronti dell’Amministratore unico di Ve.La. e/o dei suoi dirigenti apicali dato che, com’è evidente, hanno agito in palese violazione di quanto era stato loro comunicato dal Capo di Gabinetto;

  3. di valutare la revoca dell’affidamento a Ve.La. del “servizio di promozione turistica e culturale della città di Venezia” ai sensi dell’art. 10 del disciplinare di cui alla delibera GC n. 79 del 28.02.2014;

  4. di quantificare l’esatto importo dovuto a titolo di COSAP, a fronte dell’occupazione di suolo pubblico d’una porzione della Piazza San Marco (circa 7.000 mq) dal 29 giugno al 6 luglio;

  5. di quantificare l’esatto importo dovuto per la concessione dei citati 20 impianti pubblicitari e la relativa CIMP;

  6. se, come sembra dalla Relazione tecnica della manifestazione, i consumi di energia elettrica siano stati pagati da Ve.La. e dunque se i relativi costi siano da ricomprendere nella somma di 60 mila euro. Nel caso, si quantifichi la spesa;

  7. se, come sembra dal vademecum di Ve.La., per “ottenere lo spegnimento dell’illuminazione pubblica” sia stato impiegato un tecnico comunale e se la relativa spesa sia da ricomprendere, anch’essa, nella somma di 60 mila euro. Nel caso, si quantifichi la spesa;

  8. di spiegare se il servizio di sicurezza prestato dai circa 30 agenti della Polizia Locale, presenti durante le due serate, sia stato fatturato ai sensi dell’art. 22, comma 3 bis, del D.L. 50/2017 convertito nella Legge 21 giugno 2017 n. 96;

  9. di indicare puntualmente a chi siano stati consegnati i 200 biglietti “omaggio”: nome, cognome e titoli di merito;

  10. di spiegare se, veramente, si può considerare “scopi istituzionali” la partecipazione ad un concerto al fine di utilizzare la barca “blu”, con la spesa poi degli straordinari del pilota fino a notte fonda.

Zucchero amaro per Piazza San Marco

Come possono 80 mila euro svanire nel nulla?

Parliamo della cifra citata dai giornali come “donazione” di Zucchero al Comune che a lui e soltanto a lui ha permesso di organizzare due serate in piazza San Marco, con un incasso lordo stimabile in 1.400.000 euro circa a beneficio degli organizzatori.

Gli annunci trionfali di quei giorni sono rimasti nella memoria di tutti, e il “regalo” dell’artista voluto dal sindaco in persona meritava un approfondimento: dovere civico di gratitudine, visto che saremmo noi i beneficiari di quella liberalità.

Se siamo in grado di rendere pubblici i contenuti di un contratto che al punto 7 contiene una rigida clausola di riservatezza (valida per 5 anni, chissà perché) è grazie all’istanza di accesso agli atti del consigliere comunale Davide Scano (M5S) che li ha oggi rivelati nel corso di un’affollata conferenza stampa. La consultazione dei documenti strappa qualche risata amara, ma andiamo per ordine:

  1. Il 3 maggio 2018 la società F&P Group SrL indirizza al Sindaco di Venezia una lettera con cui chiede “la disponibilità di Piazza San Marco per un evento che vede coinvolto l’Artista Zucchero (NdR A maiuscola!) che ha espresso il grande desiderio di poter effettuare un suo concerto (NdR e a chi non piacerebbe?) come segno di legame con la città di Venezia, avendo scelto la città di Venezia come uno dei luoghi di sua residenza (NdR quindi comprandosi una terza o quarta casa, e allora? Qualche anno prima Elton John, che già si era comprato casa in Laguna, si era invece esibito gratuitamente nella stessa Piazza destinando i ricavi netti alle casse comunali per opere di conservazione e restauri);
  2. Precisiamo subito che in questa medesima lettera si trova in effetti la generosa offerta di cui tutti i giornali hanno poi parlato (anche se la cifra non corrisponde, ma su questo ritorneremo fra poco), espressa in questi termini: “Nell’ottica di lasciare un segno tangibile alla città, ci impegniamo fin d’ora a versare, come contributo per la conservazione ed eventuale restauro di Piazza San Marco, la cifra di 60.000 euro secondo modalità che verranno concordate” (il grassetto è nostro, segnatevi bene queste parole per confrontarle con quanto poi accaduto).
  3. Con nota del 29 giugno (a 4 giorni dal concerto !!!) il Comune di Venezia conferisce mandato alla partecipata VeLa (amministratore unico: Piero Rosa Salva) di procedere alla contrattualizzazione dell’evento secondo quanto proposto da F&P” e VeLa invece che fa?
  4. F&P aveva proposto 60.000 euro netti “come contributo per la conservazione ed eventuale restauro di Piazza San Marco”, ma VeLa la pensa diversamente e interpreta il mandato a modo suo: all’articolo 5 del contratto i 60.000 euro vengono incamerati direttamente da VeLa “a fronte della consulenza tecnica e amministrativa” di cui all’articolo 2, in cui VeLa si impegna a “coordinare la predisposizione della documentazione necessaria” per l’ottenimento di tutti i numerosi permessi richiesti in questi casi (a 4 giorni dall’evento, con un sabato e una domenica in mezzo? Un tale miracolo da compiere in due giorni lavorativi merita sicuramente un premio di produzione!) Pazienza per Piazza San Marco, conservazione e restauro sono completamente spariti nel contratto sottoscritto dalle parti. E i 60.000 euro allora che fine faranno?
  5. All’articolo 2 VeLa garantisce la “messa a disposizione di 20 spazi pubblicitari 70×100 presso il circuito di imbarcaderi ACTV”, e all’articolo 5 viene stabilito che “il corrispettivo sarà inclusivo dei canoni COSAP (Canone per l’Occupazione di Spazi ed Aree Pubbliche) e CIMP (Canone Installazione Mezzi Pubblicitari) per lo svolgimento della manifestazione. Gli unici soldi che affluiranno nelle casse comunali sono questi, ma sono soldi dovuti e non un atto di liberalità – anzi sono un grosso “sconto” rispetto ai 60.000 euro netti che erano stati spontaneamente offerti dalla F&P, dato che adesso invece vengono sottratti a quella cifra: quelli erano netti e si aggiungevano a quanto dovuto in virtù dei regolamenti in vigore su COSAP e occupazione di suolo pubblico. 
  6. Uno sconto in cambio di cosa, e perché 60.000 (lordi) invece degli 80.000 (netti) trionfalmente citati dal Sindaco? A rileggere il Gazzettino del 5 luglio vien da sorridere: “HA PAGATO TUTTO LUI E HA DATO 80MILA EURO ALLA PIAZZA”! E se la realtà dei fatti fosse invece diversa cosa dovremmo pensare? Chi ha mentito a chi?
  7. Una possibile risposta, ben nascosta nelle pieghe del contratto e ben protetta dalla clausola di riservatezza, la troviamo nell’ultimo capoverso dell’articolo 3, con cui F&P “si impegna a fornire a VeLa a titolo gratuito, 100 biglietti per ciascuno dei concerti programmati per il 3 e il 4 luglio“: in totale, 200 biglietti gratuiti il cui controvalore corrisponde grosso modo alla differenza fra i 60 mila e gli 80 mila euro citati dai giornali. Liberalità questa sì, ma a beneficio di chi? Trattenendo a fatica le risate (amare) che nascono spontanee dal confronto fra la versione ufficiale della propaganda e la realtà documentale di cui abbiamo potuto prendere visione grazie al consigliere comunale Davide Scano, abbiamo chiesto al comune amico Marin Starnudo di riassumere in qualche riga la vera storia del “regalo” e dei suoi beneficiari:

Venezia 29 giugno 2018. C’era una volta un privato che offriva 60.000 euro netti come contributo per la conservazione ed eventuale restauro di Piazza San Marco in cambio della possibilità (da tutti agognata) di potersi produrre nella piazza più bella del mondo, con incassi e ritorno di immagine largamente superiori. In un normale negoziato la controparte cosa farebbe? Rilancerebbe o chiederebbe di più (alla Red Bull per poter girare un semplice video di pochi minuti sono stati chiesti 200.000 euro). In questo caso no: una donazione di 60.000 euro per conservazione e restauro si trasforma magicamente, nel giro di poche ore, nel corrispettivo di una “consulenza” comprensiva di COSAP e spazi pubblicitari, il cui importo al netto di quanto sopra verrà trattenuto da una partecipata comunale (per pagare premi di produzione ai dirigenti messi a dura prova da tanto stress?) anziché essere versata nelle casse comunali come tutti si aspettavano alla luce dei roboanti annunci ufficiali (che peraltro parlavano di 70/80.000 euro).

I conti non tornano e nemmeno i marchesi. Quando la realtà supera la fantasia, neanche i Diarii di Marin Starnudo riescono a stare al passo..

..per fargli ritrovare il sorriso, parliamo pure dei biglietti omaggio da 200 euro (unico “regalo” accertato allo stato attuale degli atti) e ricorriamo anche ad una seconda istanza di accesso agli atti, opera della consigliera comunale Sara Visman (M5S anche lei). Grazie a testimonianze oculari, Marin Starnudo aveva già riferito degli assessori “avvistati” a bordo di un motoscafo di servizio che li aveva scarrozzati non già alla “prima” (su quella chiuderemo un occhio) ma alla seconda serata in cui di “istituzionale” non c’era proprio nulla. L’accesso agli atti ha permesso di confermare la circostanza con tanto di nomi e cognomi (anche se sul quaderno di bordo appare un “e altri” che lascia immaginare una comitiva particolarmente numerosa).

Grazie a questa seconda istanza di accesso agli atti, Marin Starnudo tira un sospiro di sollievo ed è lieto ad annunciare che:

SI, un regalo  in effetti c’è stato. A beneficiarne sono stati gli Illustrissimi assessori che oltre a ricevere i biglietti omaggio per la poltronissima hanno anche potuto contare sul motoscafo di servizio (andata e ritorno) forse per paura di perdersi (ahinoi non ce n’è uno di loro che viva a Venezia) nel tragitto da Piazzale Roma a Piazza San Marco. Benché provvisti di abbonamento gratuito ai mezzi pubblici, hanno preferito la “barca blu”, per un evento che di istituzionale aveva ben poco.

Gli 80 mila euro di contributo ai restauri di Piazza San Marco? Dimenticati, come tante promesse elettorali – e non è colpa di chi aveva offerto la cifra ma di chi l’ha “dirottata” altrove, coprendo il tutto con una clausola di riservatezza.

 

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