Gruppo 25 aprile

Piattaforma civica (e apartitica) per Venezia e la sua laguna

Archivi per il mese di “novembre, 2019”

Give Venice a chance – seconda parte

#ReferendumVeneziaMestre 1/12/2019

Raccolta di citazioni recenti (novembre 2019) a cura di: Nicoletta Frosini

Alberto Peratoner (accademico e saggista)

“L’assolutamente unica specificità territoriale di Venezia richiede un’Amministrazione INTERAMENTE DEDICATA e CONSAPEVOLE delle sue peculiarità. L’unione di Venezia e Mestre è un’innaturale combinazione decretata da una legge fascista del 1926, in un’epoca in cui si pensava a Mestre come valvola di sfogo di un’espansione urbanistica e industriale impraticabile in laguna….Nessuno sostiene che il referendum sia in sé la soluzione di tutti i problemi. Senza dubbio, però, in questa situazione, è la necessaria condizione per affrontarne seriamente alcuni, e della possibilità di un’inversione di tendenza e di un recupero di residenzialità e di vita. Mestre stessa avrebbe l’opportunità, considerata la stessa posizione centralissima che occupa nel Triveneto, di evolvere finalmente in una Città vera e propria, e sdoganarsi dall’avvilente considerazione di semplice periferia di Venezia. La separazione di Venezia e Mestre non è questione di becero campanilismo, come l’ultimo e più ottuso argomento-rifugio vorrebbe far credere. È questione di sopravvivenza. Perché alla fine si tratta solo di questo.”

Guido Fuga (architetto e fumettista):

“Il referendum sulla separazione di Venezia da Mestre ci ha già visti protagonisti nel passato e io, pur se precedentemente ho votato no, penso che questa occasione vada colta come un’opportunità di definire finalmente una prospettiva per Mestre e Venezia, che abbiamo visto recentemente invasa da un’orda di visitatori che l’hanno occupata oltre i limiti possibili. Qui ci vuole qualcosa anche d’impopolare che delinei un’idea nuova della città, dobbiamo aspirare ad un ruolo diverso da quello parassitario dell’accoglienza ai turisti… Non ho mai sentito di qualche iniziativa delle nostre amministrazioni che si prefissasse di regolare il mercato degli affitti, l’unicità della nostra città doveva richiedere politiche mirate a prescindere dal decreto Bersani, ma per fare questo dobbiamo esigere uno statuto speciale…. Il mio maestro Pratt è morto da 25 anni e quando veniva a trovarmi e andavamo in giro per la città mi diceva sempre “ma non vedi cosa stanno facendo?” Lui all’epoca già coglieva il mutamento che era in atto e non ha visto come siamo messi ora…Credo che anche a Mestre siano stanchi di questa sorta di sudditanza al turismo di Venezia, che li sta riempiendo di nuovi alberghi e vogliano pensare a un nuovo orizzonte che li riqualifichi e gli offra un’idea nuova di futuro, quel futuro che è lasciato al caso. Perchè al mestrino non va riconosciuto un legittimo orgoglio con una sua specificità progettuale per le sue nuove generazioni?… Per cui non sopporto che gli ultimi primi cittadini si siano espressi per l’astensione. Bisogna avere il coraggio di riconoscere i vari fallimenti tipo città metropolitana che sento sempre evocare e non ha mai funzionato. Non mi resta che sognare una città legata all’ Europa e rifondata con nuove genti che disegnino un futuro creativo e arrestino questo degrado.. Cerchiamo di cogliere quest’occasione come un possibile nuovo inizio che guardi al futuro, come una volta si guardava al mare, che ci liberi dal disastro in cui siamo caduti.” (La Nuova Venezia, 27.11.2019).

Salvatore Settis (Archeologo, Storico dell’Arte, Scrittore)

“Sta per scadere, forse è già scaduto, il tempo in cui si può ancora “salvare Venezia”. Tutti sembrano essere d’accordo, ma non è così e non sarà così finché non si abbandona la facile retorica dello slogan “salvare Venezia”, e non si ricomincia dal considerare l’ecosistema città-Laguna come un insieme da tutelare: senza “grandi navi”, senza scavare nuovi canali, ma semmai restituendo a Venezia la sua Laguna, risarcendo i danni che le sono stati inflitti. Se per questo è necessaria una nuova sensibilità, e se questa nuova sensibilità richiede la separazione amministrativa di Venezia da Mestre, dovranno giudicarlo i Veneziani. Ma, io spero, con in mente non calcoli elettorali né clientelari, ma la loro (la VOSTRA) responsabilità storica: farsi interpreti di un lungo passato di enorme attenzione al regime delle acque e alla salute della Laguna, reagire al recente passato di ignoranza e indifferenza, pensare alle generazioni future, al loro diritto di godere di una Venezia ricca non solo di memorie, ma di vita, di giovani, di lavoro.”

Paolo Barbieri (giornalista, scrittore) e Francesco Giavazzi (Docente Economia Politica alla Bocconi, giornalista):

Da anni, le amministrazioni comunali assistono inermi allo svuotamento del centro storico (i residenti sono sotto le 53 mila unità, con una perdita del 70 per cento della popolazione rispetto al 1951) e all’invasione di negozi che vendono paccottiglia varia al fiume di turisti che ogni giorno inonda, questo sì, la città …. Se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, l’acqua alta della scorsa settimana ha mostrato in maniera lampante quanto ormai siano differenti i problemi di due città diverse come Mestre e Venezia e quanto non abbia senso porre in capo a un’unica amministrazione comunale la gestione delle due aree…. Che fare dunque se il Mose non è la soluzione e i politici nulla fanno se non lamentarsi solo durante le emergenze? Fortunatamente una prima occasione di riscatto si presenterà tra poco, il prossimo 1° dicembre, e mette gran parte della responsabilità nelle mani di mestrini e veneziani. I primi avranno la possibilità di staccare il cordone ombelicale con una realtà che, inevitabilmente, finisce per canalizzare tutte le attenzioni e poter così avere un sindaco e un’amministrazione concentrati sulle necessità e le problematiche di una città di quasi 200 mila abitanti. E i veneziani potranno finalmente eleggersi un primo cittadino che abbia come solo interesse Venezia e quindi abbia la forza per difenderla, proteggerla e salvarla da un fenomeno naturale assolutamente prevedibile.”

Giuseppe Tattara  (accademico, economista):

Votiamo ancora una volta sulla separazione, segno evidente che molti problemi che affliggono le due città, Mestre e Venezia, non hanno avuto soluzione soddisfacente dalle ultime amministrazioni. La separazione può essere oggi un passo avanti? Credo di sì. In precedenza molti, io tra questi, hanno visto le due città, Mestre e Venezia, come parte di uno stesso “disegno” urbano; una realtà che andava governata con uno sguardo unitario. In questi ultimi trent’anni Venezia ha subito un veloce e inarrestabile processo di perdita della popolazione e di attività di servizio e di rapido, anzi rapidissimo sviluppo della monocultura turistica. La separazione delle due amministrazioni costituisce un passo avanti nella via di una gestione più accorta della principale industria veneziana, il turismo appunto. Non ci illudiamo che, separati i due comuni, il sindaco di Venezia insulare sia alieno da pressioni di breve periodo volte a sfruttare il numero dei turisti. Esiste tuttavia una parte della popolazione, che ha fatto investimenti in città, sia esistenziali che materiali, che ha un orizzonte di lungo periodo e che è sensibile a una politica che limiti gli escursionisti giornalieri di cui sopporta i costi esterni (congestione, deterioramento della qualità dell’abitare) nella vita di ogni giorno senza averne vantaggio. Ne sono parte residenti, artigiani, negozianti, studenti. Per gestire una città come Venezia occorre una nuova Legge Speciale con decisi poteri in mano ad una persona dallo sguardo lungimirante. L’attuale sindaco ha già delineato i punti fermi della sua amministrazione. Opponiamoci e chiediamo un Primo Cittadino che abbia come interesse principale ed unico la difesa di Venezia, tuteli la bellezza dei luoghi, l’essere Venezia città diversa dalle altre città, promuova la vita cittadina e rifugga dal trasformarla in una Las Vegas qualsiasi.”

Votare SI non è di destra o di sinistra. E’ richiedere il cambiamento indispensabile di cui Venezia ha bisogno per tornare a vivere. Gruppo25 Aprile

#Referendum Due visioni a confronto

La Nuova Venezia (edizione online) ha intervistato l’On.le Nicola Pellicani e il portavoce del Gruppo25Aprile, Marco Gasparinetti. In vista del voto di domani, proponiamo qui i passaggi centrali delle due interviste.

Per il NO

Nicola Pellicani:

“Io sono contrario alla divisione tra Mestre e Venezia perché dividersi è illogico. Pensiamoci: questo referendum è un’iniziativa anacronistica. Guardiamo al resto del nostro continente: in Europa si punta su grandi piattaforme di governo territoriale, perché si è visto che “piccolo è bello” nell’amministrare non esiste. I problemi del nostro territorio sono complessi e vasti. Per questo ci vuole una piattaforma amministrativa più grande e non ancora più piccola di adesso”.

Per il SI

Marco Gasparinetti:

“La presidente della Commissione europea ha iniziato il suo discorso di insediamento programmatico parlando di Venezia simbolo del cambiamento climatico, Venezia è e sarà sempre al centro. Noi ci battiamo per gli studenti, per i lavoratori precari, per chi non riesce ad avere la residenza, perché tutti abbiano una dignità oggi impedita dal mercato impazzito delle locazioni. Urge un’amministrazione che si occupi solo dei problemi di una città lagunare, di istanze del territorio destinate oggi ad essere in minoranza in consiglio comunale”.

https://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca/2019/11/29/news/le-ragioni-del-si-due-citta-diverse-che-meritano-energie-dedicate-1.38033597

Gasp intervista 28 nove 19 NV 29 nove 19

 

#Referendum primo dicembre: lettera agli amici di Mestre

Lettera aperta agli amici di Mestre e di Favaro, di Chirignago e Zelarino, di Campalto e Tessera.

Sono nato a Venezia 64 anni fa, mio padre gondoliere mio nonno gondoliere, i gondolieri di una volta quando per alcuni traghetti il maggior reddito veniva dal servizio di parada e con il turismo si lavorava poco. Con la gondola si portavano i clienti negli hotel e ancora si andava a Murano solcando le placide acque lagunari. Sono cresciuto passando molti dei miei giorni estivi in barca con mio padre seduto sul trasto di poppa guardando curioso i palazzi veneziani che a quel tempo mi sembravano enormi.

Quella Venezia era una meraviglia, un sogno calato dal cielo, una costruzione quasi utopistica che galleggiava sull’acqua e che dall’acqua traeva i ritmi lenti pacifici naturali; poco traffico a motore e tante barche a remi, tanti traghetti per attraversare “el canaeasso” dove ogni 10′ passava il vaporetto della inea 1; la gente era felice, tanta gente tanti negozi di vicinato in tanti microcosmi autosufficienti ognuno con la propria identità che componevano una città dove tanti bambini nei campi e nelle calli giocavano giocavamo spensierati e dove l’acqua alta autunnale, stagione senza turismo con una città quasi completamente deserta e chiusa, era l’occasione per divertirsi fuori da scuola, ci si accontentava con poco avevamo poco, ma eravamo felici e soprattutto sani.

Poi sulla spinta della modernizzazione poco a poco le cose cambiarono, un cambiamento accolto da tutti senza dubbi, trasportato sulle ali di carosello e dei bellissimi programmi televisivi. i mobili di formica riempirono le nostre case con gli oggetti di largo consumo fatti di Moplen materiale plastico ancora prodotto. Almeno lo avessero chiamato con il suo vero nome “polipropilene isotattico”, forse qualche dubbio a qualcuno sarebbe venuto, ma con moplen no un nome così semplice e carino doveva essere per forza una cosa bella. Così giorno dopo giorno ci siamo costruiti la gabbia dove imprigionarci il corpo e soprattutto la mente, dove la felicità aveva perso la sua spontaneità per identificarsi con il nuovo idolo il denaro – e in nome e per conto di questo idolo Venezia ha cominciato a mutare diventando anno dopo anno una sorta di monopoli planetaria per affaristi senza scrupoli senza patria senza storia e senza anima.

Mentre le classi sociali più deboli, gli ultimi, venivano spediti in terraferma in alloggi dormitorio simili ad alveari, in città questa mutazione veniva accettata da una larga parte della componente cittadina che ne traeva e ne trae profitto a scapito dell’altra parte quella che subisce. In nome del liberismo economico si è accettato uno “sviluppo” totalmente subordinato allo sfruttamento turistico che è diventata la principale unica e facile fonte di reddito di Venezia; piano piano gli squali dell’economia hanno tirato su la loro rete e improvvisamente ci siamo svegliati in un’altra Venezia, una città caotica dove lo stress da vita moderna imperversa. Masse di turisti ogni anno sempre più numerose e invasive si sono impossessate di ogni spazio vitale riducendo i residenti quasi a delle comparse di uno spettacolo decadente. I facili guadagni dati dal turismo hanno attratto imprenditori da ogni angolo del pianeta, stranieri stanziali che si sono sommati agli stranieri visitatori in un corto circuito economico dove una grossa fetta dell’economia esce ed entra sempre nelle stesse tasche lasciando a Venezia le briciole per una classe cittadina ormai inconsapevolmente o consapevolmente subalterna a giochi di potere gestiti altrove.

Il liberismo economico che ha scatenato una guerra economica dove c’è un solo vero sconfitto: Venezia. Venezia sferzata dal moto ondoso, consumata da milioni di piedi e mani, avvelenata dai gas di scarico, dove una volta si veniva per ammirarla e ora si viene per violarla in mille modi dai tuffi nei canali alle pisciate nelle calli, dai negozi di inutili cianfrusaglie alle locazioni turistiche di impossibili tuguri, una città tra le più inquinate d’Italia dove sono inquinati i fondali lagunari, inquinati i canali dove ancora sversano centinaia di condotti fognari, inquinati i terreni della gronda lagunare della zona industriale, inquinati i fiumi che del bacino scolante, inquinata l’aria dalle centinaia di transiti giornalieri di inquinatissimi motori diesel e dalle GrandiNavi, dove il traffico motorizzato imperversa quotidianamente, ma si impedisce la libera circolazione alle barchette tipiche e alle manifestazioni di protesta delle remiere.

Venezia trasformata da città ideale a gomorra del nuovo millennio; una città irriconoscibile dove oggi si vive meno felicemente e dove ci si ammala di inquinamento. Da molto tempo vivo in terraferma, ma mi ritrovo spesso a guardare vecchie foto familiari che ritraggono la Venezia del passato dove sicuramente la vita era più difficile, ma le persone erano sorridenti disponibili e si camminava con passo tranquillo; il pensiero va automaticamente al confronto con l’oggi e a pensare cosa sia accaduto, perchè oggi i veneziani non sorridono più sono poco accoglienti e camminano per la loro città con un andamento nevrotico cercando quasi una via di fuga tra centinia di ostacoli ostili. Dove e quando ci siamo persi? di chi sono le responsabilità?

Sicuramente da un certo momento in poi la politica locale ha smesso di occuparsi del bene comune, dei cittadini e alle piccole cose che determinano il vivere quotidiano di una città perdendo quel feeling che lega gli elettori agli eletti, si sono sposate a man bassa tutte quelle pratiche economiche legate a progetti di rilevanza economica e internazionale decisioni spesso fatte sulla testa dei cittadini, sulla pelle dei cittadini dove i benefici per pochi sono stati pagati da molti, pagati sotto forma di disastri ambientali, di distruzione del sociale e di riduzione drastica della residenzialità che a Venezia assume da tempo quasi le sembianze di una pulizia etnica vista la progressiva distruzione di una civiltà acquea millenaria, vivere in terraferma non è la stessa cosa.

Ora mi accorgo che da qualche tempo questa “peste” sta contaminando anche le aree della terraferma dove ovunque sorgono B&B e locazioni turistiche e dove è diventato diffcile trovare un appartamento in affitto. anche a Mestre chiudono i negozi e si iniziano a registrare quelle difficoltà nell’utilizzo dei servizi urbani di linea tipiche di Venezia causate da una eccessiva presenza turistica. La terraferma rischia di diventare un non luogo che serve solo allo sfruttamento turistico con la costruzione di enormi alberghi dormitorio che sono un trampolino di lancio per scaricare ancora migliaia di visitatori in una città già allo stremo. Mestre una città che si è sviluppata tra l’inquinamento di Porto Marghera a ovest e quello dell’aeroporto a est circondata da un passante autostradale dove forse transita il maggior flusso di traffico pesante d’Italia e forse d’Europa, un territorio dove le malattie oncologiche sono in forte espansione.

Oggi le mie due anime, quella insulare e quella di terraferma si sono messe d’accordo. Della politica e dei suoi bei discorsi non mi fido più, per troppo tempo ho atteso che le promesse diventassero realtà, anche l’autonomia dei due comuni non mi dà certezze, ma almeno mi dà speranze.

Certo è però che, in ogni caso, se i cittadini non si riappropriano del loro futuro per le comunità veneziana e mestrina non vedo un futuro roseo: abbiamo davanti le sfide portate dai cambiamenti climatici che per troppo tempo abbiamo sottovalutato e ora la natura ce lo ricorda a colpi di disastri che non guardano in faccia nessuno. Mestre deve ritrovare il suo spirito di città, e la mia Venezia non tornerà più però potremmo tornare a qualcosa di simile; qualcosa che ridia la voglia di vivere e restare ai giovani, che ridia il buon umore agli adulti, qualcosa che salvaguardi la salute di tutti.

Buona votazione qualsiasi sia la vostra scelta perchè dal 2 dicembre autonomisti e unionisti dovranno ritrovarsi per gestire al meglio la situazione che ci sarà per dare comunque una svolta positiva alla politica locale”.

Dario Vianello

nato a Venezia,

residente a Favaro Veneto

#Referendum primo dicembre: lettera ai margherini

Lettera agli amici di Marghera

Ciao, ho 60 anni e vivo a Venezia, dove sono nato. Da 15 anni lavoro a Mestre. E amo Marghera. Non lo so perché la amo. È nel DNA. 

Mio padre mi parlava spesso di Marghera. Mio nonno ci lavorava come falegname dopo che mia nonna lo aveva iscritto al Partito Fascista

Prima non poteva lavorare e lei non sapeva come sfamare i loro 7 figli. Da quel giorno lui non le parlò più fino alla morte.

Mi veniva descritto come “l’esilio”. Qualche domenica mi ci portava a passeggiare in mezzo al verde. Con la mozzarella finale in piazza Mercato.

Lui diceva cheMarghera è il settimo sestiere”, “di certo è più Venezia del Lido”. Pensa se lo avessero fatto! Il 7mo Sestiere.

Mio nonno e mio padre erano socialisti. Mio padre fino all’arrivo di Craxi. Io Comunista. Comunista di Berlinguer. 

E amavo il sindacato di Di Vittorio e di Lama. E questo con tutti gli errori commessi, ma ho sempre pensato che il PCI e la DC hanno creato una coesione sociale forte in questo paese. Si aveva riguardo e rispetto per gliultimi”. E li si aiutava.

Possiamo affermare senza paura di sbagliare che sia a Venezia, sia a Marghera che a Mestre, 30 anni fa si viveva meglio. E questo a prescindere dalla nostra condizione economica individuale.

Esisteva la coesione sociale. La cultura era in ogni luogo. Teatri amatoriali; ragazzi che avevano piccoli complessi; cinema diffusi. E avevamo i negozi sotto casa.

Se siamo sinceri con noi stessi, dobbiamo ammettere che per 30 anni abbiamo avuto una classe politica incompetente. Che ha governato senza un progetto, senza idee, ma, soprattutto senza ascoltare i bisogni della popolazione. Riducendo sempre più l’aiuto sociale e disgregando la comunità

Son convinto che Marghera abbia avuto delle parentesi felici con amministratori locali che erano superiori alla media.

Adesso hanno chiamato uno di Mogliano per celebrare il funerale. Non solo di Venezia. Ma anche di Marghera e Mestre.

 Adesso abbiamo di nuovo il referendum. 

Io ho sempre votato no. Questa volta voto sì.

Voto perché voglio avere ancora una speranza

Stefano, nato a Venezia lavora a Mestre e ama Marghera

 

#Referendum primo dicembre: lettera ai veneziani

Lettera ai veneziani, ai muranesi, ai buranelli e a tutti i residenti della Venezia insulare

Fino a poco tempo fa abitare a Venezia era forse scomodo, ma meraviglioso: una città a misura d’uomo, senza traffico, poco inquinamento e un’incredibile sicurezza sociale, anche la notte, perché tutti si conoscevano e vi era un capillare controllo di vicinato. Una città in cui i bambini giocavano in strada e gli adulti, incontrandosi, facevano a gara nell’offrirsi un caffè o uno spritz.
C’era chi fino a poco tempo fa definiva un privilegio poter abitare a Venezia.

Oggi però quella Venezia, che tanti anni fa ho scelto per me e i miei figli, è quasi irriconoscibile, sta scomparendo soffocata dal turismo che, oltre a invadere le calli, ha sostituito negozi di vicinato e artigiani con venditori di cianfrusaglie e fast food.

Ma c’è un’altra conseguenza, che forse non è così evidente a chi non vive in città: negli abitanti residui sta sorgendo un senso di impotenza, di frustrazione e di mancanza di speranza nel futuro.

Per capire questi sentimenti è il caso di ricordare quanto hanno detto alcuni sindaci veneziani: un sindaco filosofo ha detto: “Il futuro di Venezia è a Mestre”; un suo predecessore, rettore universitario: “Venezia non si sta svuotando, si sta allargando”; quello attuale infine: “Non vi sta bene il turismo? Andate in terraferma”.

Non è stupefacente che non uno, ma più sindaci si permettano in sostanza di suggerire ai propri concittadini – che sono anche elettori – di andarsene?

È proprio questo il problema: se nessun altro sindaco al mondo si sognerebbe di dire una cosa del genere, a Venezia si può.
Si può perché non è penalizzante, in quanto gli abitanti della Venezia storica sono la metà di quelli della terraferma, e la loro forza elettorale, trascurabile, non permette loro di esprimere i propri amministratori, né di condizionarne il comportamento.

Pertanto gli ultimi abitanti della Venezia storica possono essere impunemente trattati come delle fastidiose presenze senza diritto di lamentela, la cui esistenza impedisce il completo e capillare sfruttamento turistico della “città più bella del mondo”.

Da ciò discende una frustrazione che vede nell’autonomia amministrativa, rappresentata dalla vittoria del SÌ nel prossimo referendum, la speranza di riappropriarsi del valore del proprio voto e della propria città.

Certo non sarà sufficiente, sarà solo il punto di partenza, perché l’autonomia da sola non genera buoni amministratori.
Ma almeno garantirà che saranno scelti da una comunità cui questi dovranno rendere conto, e permetterà di sostituirli alle elezioni successive
se non dovessero dimostrarsi all’altezza del compito.
Esattamente come avviene in qualunque città del mondo, dove un Sindaco non si sognerebbe mai di dire “se non ti sta bene, vai via”, ma dove invece, se è il Sindaco che non va bene, è LUI che deve andarsene.

Stefano Croce

(foto: Marco Gasparinetti)

 

Give Venice a chance – prima parte

#ReferendumVeneziaMestre 1/12/2019

Raccolta citazioni a cura di: Nicoletta Frosini

Antonio Alberto Semi (medico, saggista e giornalista):

”Che a Venezia e a Mestre si viva in modi differenti e che a Venezia esistesse in passato, e in parte ancora esiste, una comunità con un proprio stile di vita conseguente alla realtà sociale, storica, culturale, urbana di Venezia, dovrebbe essere ammesso tranquillamente. Il che non vuol dire che si debbano negare i fortissimi legami che ci sono tra queste due città, ma che possono essere utili due istanze che le rappresentano, proprio per poter dialogare. Tra realtà diverse. Perché se Mestre diventasse una succursale veneziana per il turismo mordi e fuggi, andrebbe anch’essa incontro alla catastrofe. E se Venezia non ritrovasse una propria popolazione semplicemente sparirebbe, turismo compreso. Solo un’istanza democratica legata al territorio, cioè un Comune di Venezia, sarà obbligata ad affrontare questi problemi. Perciò questo referendum ha a mio avviso un’altra domanda implicita: volete che Venezia esista come città o preferite lasciarla andare, come in fondo tante altre città del passato?”

Franco Avicolli (scrittore, giornalista, direttore spazio Micromega Arte e cultura):

“L’unione di Mestre e Venezia in un’unica amministrazione comunale si configura come progetto funzionale alla monocultura turistica. Il dato trova una risposta evidente nella caduta del livello politico, culturale e progettuale di ambedue le realtà urbane (..). L’autonomia di Venezia e Mestre va presa in seria considerazione appunto per ciò che manca: un progetto per Venezia e per Mestre. Tale mancanza non consente a Venezia e a Mestre di esprimere compiutamente le loro potenzialità. E’ umiliante per Mestre e la terraferma esistere come luoghi destinati a risolvere il problema abitativo di Venezia o creare i posti letto che le sono necessari. Votare SI’ significa rifiutare questa logica.”

Marco Balich (ideatore e produttore di eventi internazionali):

“Per salvare Venezia si deve votare Sì al referendum del primo dicembre. E’ l’ultima possibilità di salvare la città. Alla luce dei fatti degli ultimi giorni dobbiamo assolutamente intervenire in modo profondo per fermare la sua distruzione. (…) Anche Mestre deve ritrovare il senso di città, che dovrebbe poter investire sul suo sviluppo in modo indipendente, senza doversi occupare del restauro dei palazzi storici del suo territorio in modo libero ed indipendente. Il referendum del primo dicembre è l’occasione per i cittadini di Venezia per proteggerne l’unicità e la fragilità, e per quelli di Mestre di avere la possibilità di spiccare il volo. Votare il sì alla separazione tra Venezia e Mestre è il primo e unico passo per cambiare da un percorso di distruzione a una salvezza auspicata da tutto il mondo ma che dipende unicamente da noi”.

cit. Marco Balich

Marco Gasparinetti (portavoce Gruppo25Aprile)

“Il referendum per noi è il mezzo e non il fine. Il fine è una miglior selezione della classe dirigente, che sia più vicina ai cittadini e meno insensibile alle loro istanze; il fine ultimo è dare risposte concrete ai problemi reali, che nel calderone del Comune unico fanno fatica ad emergere. Sbaglia chi alimenta attese messianiche di palingenesi in caso di vittoria del sì e sbaglia chi, nell’ansia di far vincere il «no», punta su attacchi di panico collettivo come se la scissione in due Comuni potesse scatenare le sette piaghe d’Egitto. Il decentramento non è la panacea, ma permetterà di risolvere alcuni problemi. Altri richiedono risposte a livello regionale, statale ed europeo. Ma quei problemi che rientrano nella sfera di competenza comunale sarebbero più facili da affrontare con due sindaci, ognuno dei quali possa vivere nella città che amministra e toccarne con mano i problemi”.

13 Gasp by Julia

Petra Reski (scrittrice e giornalista):

Per Venezia il Sì significa un’amministrazione comunale che si occupa a tempo pieno degli interessi di Venezia e dell’Estuario, significa tutela per la laguna essendo il nostro polmone e la difesa della nostra salute: Venezia è la città portuale più inquinata dell’Italia. Il Sì rappresenta non solo il coordinamento dei flussi turistici, ma anche uno Statuto speciale per una città speciale – in base al Trattato di Lisbona, fino ad ora non ottenibile perché due terzi del comune si trovano in terraferma. Grazie allo Statuo Speciale potremmo ottenere esenzioni e sgravi fiscali per attrarre aziende e stimolare un’economia oltre la monocultura turistica. Venezia deve diventare un laboratorio per il futuro che si confronta con le due grande sfide dei nostri giorni: il clima e l’overtourism. La nostra lotta per l’autonomia di Venezia e di Mestre è molto più di una lotta per un’altra amministrazione locale. È una lotta per la sopravvivenza di una cultura contro la mercificazione della nostra vita quotidiana. Comunque vada l’esito del referendum, la miccia è accesa”.

cit. Petra Reski

Citazioni tratte dalla stampa nazionale e locale, novembre 2019; fonti utlizzate:

Corriere della Sera (Antonio Alberto Semi), Ytali. (Franco Avicolli), La Repubblica (Marco Balich), la Nuova Venezia (Marco Gasparinetti), il blog Beppegrillo.it (Petra Reski).

Referendum primo dicembre, perché votare

A grande richiesta, pubblichiamo anche qui il documento distribuito ieri all’Ateneo Veneto.

#ReferendumVeneziaMestre

Il primo dicembre SI vota

Referendum, perché votare di nuovo?

Molti di noi non hanno votato, nel 2003. Abbagliati dalla promessa di decentramento da realizzarsi con le Municipalità, che si è poi rivelata fallimentare. Altri non hanno votato perché all’epoca non erano ancora maggiorenni, e ora lo sono, o non erano ancora residenti, e adesso lo sono. Questa sarà l’ultima occasione che avremo per poterci esprimere sull’articolazione territoriale del livello di governo più vicino ai cittadini: quello comunale. Sulla sua articolazione ottimale (uno, due o tre Comuni) possono esserci pareri discordi ma una cosa è certa: in molti ci lamentiamo di decisioni prese « sopra le nostre teste », a Roma o a Bruxelles, mentre il livello comunale è quello a cui i cittadini affidano la speranza di trovare ascolto, e la certezza di poter contare qualcosa con il loro voto. Diversamente da presidenti del consiglio e ministri, il sindaco è scelto dai suoi concittadini a suffragio universale diretto, senza la mediazione dei partiti e dei loro listini «bloccati».

Perché astenersi sarebbe un errore?

Chi si astiene delega la sua scelta ad altri, e in caso di mancato raggiungimento del quorum mortifica l’unico strumento di democrazia diretta che abbiamo, dando ai politici «di professione» un alibi per poter dire che al bene comune ci pensano loro senza bisogno di consultarci, visto che quando lo fanno non andiamo nemmeno a votare. Nel darci questa possibilità, che è prevista dalla Costituzione, il Presidente della Regione Veneto ha chiarito che sarà l’ultima: in caso di mancato raggiungimento del quorum, l’assetto istituzionale del Comune unico diventerà irreversibile. Che sia per votare Si o per votare No, la nostra partecipazione sarà un indice di maturità civica o al contrario un assegno in bianco a chi ci amministra, nel caso in cui prevalgano le astensioni. Perché una percentuale massiccia di astensioni darebbe ragione a chi dice che siamo una città di brontoloni mai contenti e inconcludenti.

Cosa succederebbe in caso di vittoria del Sì?

Trattandosi di un referendum consultivo sentite le popolazioni interessate », come dice la Costituzione) i passi successivi spettano alla Regione. In ogni caso il Comune di Venezia continuerebbe ad esistere per il principio di successione giuridica ereditando le competenze e il personale del Comune attuale, mentre quello di Mestre prenderebbe vita dopo un periodo di commissariamento. Le elezioni comunali a Venezia si terrebbero regolarmente nella primavera del 2020, quelle di Mestre verrebbero rinviate al termine del commissariamento.

Venezia conserverebbe il suo status di capoluogo di Regione in vir dell’articolo 1 dello Statuto regionale, a prescindere dai suoi confini e dal numero di abitanti, mentre il perimetro UNESCO resterebbe invariato ed è già sovracomunale in quanto comprende tutta la gronda lagunare. La separazione dei beni e delle quote azionarie nelle società partecipate seguirebbe un criterio misto popolazione/territorio, e altrettanto vale per il personale che verrebbe trasferito al nuovo Comune di Mestre. Le competenze statali e regionali sulla Laguna resterebbero invariate, così come quelle della Città metropolitana che continuerebbe a gestire le problematiche comuni come ambiente, trasporti e infrastrutture. Il buon funzionamento di porto, aeroporto e università non dipende in alcun modo dall’articolazione territoriale in uno o più Comuni, trattandosi di competenza esclusiva dello Stato.

1) Due Comuni autonomi, è una soluzione sostenibile?

Pochi Comuni come quello di Venezia possono contare su risorse proprie talmente cospicue da rendere improbabili (per non dire risibili) gli scenari catastrofici prospettati da chi punta tutto sulla paura del

«salto nel vuoto». Prima di esaminare punto per punto gli aggiustamenti che potrebbero verificarsi in materia di tasse comunali come la TARI, o di tariffazione intercomunale per quel che riguarda i trasporti, esaminiamo quindi il bilancio comunale attuale, confrontandolo quello di un altro Comune del ricco Nordest che ha una popolazione quasi identica : quello di Verona.

Entrate complessive nel 2018 (bilancio consuntivo) al netto di partite di giro ed entrate per conto terzi: Verona 560 milioni di euro contro i 758 del Comune di Venezia. Entrate tributarie: 249 milioni a Verona contro 392 milioni a Venezia. Parliamo pure degli extra costi di Venezia: 41 milioni e a dirlo è lo studio del Comune commissionato dal sindaco per “battere cassa a Roma. 41 milioni di extra costi, 143 milioni di extra ricavi (entrate tributarie), rispetto ad altro Comune «ricco» del ricco nord-est, con popolazione equivalente alla nostra.

Andiamo ad esaminare adesso le entrate che pochi altri Comuni in Italia possono vantare, per capire quanto siano infondate certe paure. Bilancio di previsione 2019: imposta di soggiorno 34 milioni, in crescita costante (e in sede di consuntivo risulta sempre superiore al bilancio di previsione); 16 milioni dal Casinò, 22 milioni netti dalla ZTL e 28 milioni dal trasporto pubblico (differenza fra entrate e spese) grazie alla quota che ACTV versa al Comune su ogni biglietto del trasporto acqueo (caso unico in Italia). Totale 100 milioni di euro, che in massima parte resterebbero nella Venezia insulare: quelli del Casinò per esplicita previsione normativa, ZTL e trasporto acqueo perché insistono sulla parte insulare del Comune attuale, imposta di soggiorno perché il 70% dei 75.888 posti letto ad uso turistico recensiti al 7 ottobre 2019 si trova nella Venezia insulare, e qui si trova anche la maggior parte degli alberghi a 4 e 5 stelle che pagano l’aliquota massima fra quelle attualmente previste (5 euro per i 5 stelle). A questo si aggiunga che Venezia, unica in Italia insieme con Roma, ha facoltà di portare l’imposta di soggiorno fino ad un massimo di 10 euro e con questo ha margini di manovra straordinari, senza nemmeno contare il contributo di accesso o tassa di sbarco che nelle intenzioni della Giunta attuale dovrebbe fruttare altre decine di milioni a regime.

Quali sarebbero i punti di forza dei due Comuni autonomi, per affrontare eventuali difficoltà temporanee? Nella Venezia insulare: moltiplicando i 52.293 posti letto ad uso turistico già registrati per un tasso di occupazione pari a 180 giorni all’anno (ben inferiore a quello attuale) e applicando il massimo dell’imposta di soggiorno, si arriverebbe a 94 milioni di euro. Con un’aliquota unica di 5 euro a notte per persona e un tasso di occupazione più vicino a quello reale (70%) siamo a 67 milioni di euro: il doppio di quanto indicato nel bilancio di previsione 2019.

A Mestre: alla voce «entrate» comunali, fra quelle attuali, un Comune di Mestre autonomo potrebbe contare sui due terzi circa di quelle derivanti da IMU (77 milioni) e addizionale IRPEF (32 milioni) senza dover fronteggiare gli extra costi (41 milioni) che gli uffici comunali attribuiscono alla Venezia insulare. La realtà è che il nostro territorio genera entrate talmente cospicue da permettere anche le spese più folli: per limitarci all’anno in corso, 25 milioni di euro soltanto per San Giuliano (di cui 7,7 per il nuovo polo nautico); 20 milioni per la viabilità di Mestre (fra rotatorie tunnel e « messa in sicurezza di strade e marciapiedi); 2,5 milioni per una piscina scoperta al Blue Moon e i 34 milioni (spalmati su due anni) con cui il Comune attuale si ricompra (dopo averla venduta) l’ex sede del Casinò al Lido: questa notizia è del primo novembre. La storia del Comune unico è piena di sprechi e follie, a partire dal Ponte della Costituzione detto «Calatrava». «Venezia mantiene Mestre » o «è Mestre che mantiene Venezia» sono due falsità usate per dividerci: la realtà è che sono i contribuenti a mantenere una macchina elefantiaca, opaca e propensa agli sprechi perché non deve renderne conto a nessuno.

La questione non è quindi quella della sostenibilità economica, ma quella del bilanciamento fra vantaggi e svantaggi dell’assetto amministrativo attuale rispetto a quello auspicato con il referendum, e a questi è dedicata la seconda parte della trattazione.

2) Due Comuni autonomi, è una soluzione auspicabile?

    1. Quali vantaggi per la gestione dei beni comuni e la qualità della vita?

Due amministrazioni «dedicate» e più vicine ai cittadini dei territori rispettivi ne renderebbero conto con maggior trasparenza, anche quando si tratta di alienare beni comuni o affidarli in concessione a privati con meccanismi che a volte profumano di clientelismo o favoritismi per gli amici di turno, nel Comune unico attuale e a prescindere dal colore politico dell’amministrazione di turno. I Comuni meglio amministrati in Italia, non a caso, sono quelli medio-piccoli, che figurano regolarmente in testa a tutte le statistiche sulla qualità della vita (Il Sole 24 Ore, Italia Oggi).

    1. Quali vantaggi per la selezione della classe politica e dirigente?

Nel Comune unico attuale, molti veneziani di talento si tengono lontani dalla politica attiva per dedicarsi ad altre attività, consapevoli del fatto che in Consiglio comunale farebbero soltanto i «soprammobili». Nel momento in cui potessimo eleggere un nostro sindaco e un nostro consiglio comunale, Venezia potrebbe contare su molti talenti che attualmente mettono a profitto in altro modo il capitale di capacità e conoscenze acquisito, con un ricambio di classe dirigente e politica che consentirebbe di uscire dalla palude stagnante in cui ci troviamo da decenni.

    1. Quali vantaggi per le politiche che ci toccano più da vicino?

Il Comune ha soltanto competenze residuali rispetto a quelle statali, regionali e metropolitane. Di conseguenza, nessuno di noi si illude che il referendum possa rappresentare la panacea per tutti i mali. Per analoghe considerazioni, sbaglia chi sulla sponda opposta paventa chissà quali sconvolgimenti in caso di vittoria del «sì». Al tempo stesso è anche vero che per alcuni problemi della vita quotidiana è il Comune a farsi carico di una serie di servizi e la qualità dei medesimi negli ultimi anni è peggiorata, a partire dai tagli operati durante la gestione commissariale (Zappalorto).

Nel riassumere le possibili ricadute del sì, facciamo innanzitutto notare che in sede di « Comitatone » (quello che ha «partorito» il Mose e ripartisce le risorse della Legge speciale, tanto per capirci) avere due voti è meglio che averne uno, come ben sa il Comune di Cavallino Treporti che da quando è autonomo ha saputo ritagliarsi risorse e trasferimenti supplementari con un bilancio florido e al netto dei crediti che avanza nei confronti di Venezia. L’analisi di vantaggi e svantaggi non va fatta su ciò che non potrà cambiare in quanto competenza statale o regionale, ma sulle competenze che vengono esercitate a livello comunale, partendo da quelle che il Sindaco in carica ha trattenuto per se stesso ritenendole

«strategiche»: commercio, cultura, traffico acqueo.

    1. Le competenze «sindacali» attuali

A parte le funzioni di indirizzo politico e quelle onorifiche che lo vedono nei consigli di amministrazione della Fenice e altri enti culturali, il sindaco attuale ha trattenuto alcune deleghe cruciali: cultura, commercio e traffico acqueo.

In materia di commercio, l’attenzione delle ultime amministrazioni comunali è stata esclusivamente riservata alle aree di pregio della Venezia insulare, prima con i « pianini » e poi con alcuni tardivi interventi nella seconda parte del mandato della Giunta attuale, mentre a Mestre continua la moria di attività dovuta anche al record nazionale di ipermercati e supermercati per metro quadro. Un’amministrazione comunale «dedicata» e mestrina riserverebbe ben altra attenzione a questo problema, così come un’amministrazione eletta nella Venezia insulare potrebbe finalmente dedicarsi all’irrisolta questione del traffico acqueo, che solo chi conosce in profondità la Laguna è in grado di affrontare.

    1. Turismo e residenzialità

La giunta in carica, se da un lato ha mille volte affermato di voler affrontare il problema, nei fatti non ha risolto nessuna delle criticità denunciate a gran voce dai residenti, ed è anzi riuscita ad esportare il problema anche a Mestre. La popolazione residente a Venezia è schiacciata a tenaglia da due ganasce: il turismo di giornata che la rende invivibile per intere settimane all’anno, e quello «pernottante» che nella sua ricerca insaziabile di «spazio vitale» si sta allargando come una mestastasi, rendendo di fatto impossibile la ricerca di una casa o appartamento in affitto per chi invece vive e/o lavora a Venezia.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la popolazione insulare che era di 84.738 residenti all’insediamento del Sindaco in carica è scesa sotto la soglia degli 80.000, mentre nello stesso arco di tempo i posti letto ad uso turistico extra-alberghiero sono cresciuti del 128%.

Al tempo stesso, la proliferazione delle locazioni turistiche e l’apertura di nuovi alberghi sull’altro lato del ponte aumentano a dismisura il numero di turisti che sono «pernottanti» a Mestre o altrove ma «escursionisti» giornalieri in moto perpetuo verso Venezia, portando al collasso il sistema di trasporto pubblico che non riesce più a soddisfare la domanda di chi a Venezia deve venirci tutti i giorni per lavoro (30.000 pendolari abbonati, dato ACTV) senza riuscire a trovare un tetto.

A parere di molti, finché il sindaco di Venezia verrà scelto con maggioranze che si formano altrove, questo problema verrà affrontato soltanto con le chiacchiere, mentre davanti ai nostri occhi abbiamo una città che muore. Il fenomeno che finora aveva interessato soltanto i sestieri (scesi sotto ai 46.000 residenti Giudecca esclusa) si sta infatti allargando anche alle isole la cui «tenuta» finora avevano permesso di attenuare la caduta complessiva e le isole sono state escluse dalla delibera sul «blocco dei cambi di destinazione d’uso », dando un chiaro messaggio alla speculazione alberghiera ed extra-alberghiera che ha subito sposato l’idea di «spalmar il turismo anche nelle poche oasi di pace rimaste.

    1. Coesione sociale

Mestre e Venezia hanno priorità molto diverse, con la prima che vanta il poco invidiabile primato italiano di morti per overdose, e la seconda caratterizzata dalla popolazione più anziana del Paese (se si considera il solo dato dei sestieri). Le politiche di coesione sociale andrebbero ricalibrate su queste due diverse realtà e due amministrazioni dedicate potrebbero farlo meglio di quella attuale, che si è affidata unicamente allo strumento repressivo per affrontare il primo problema, mentre ha completamente ignorato il secondo.

7. Ambiente e salvaguardia

Sul tema cruciale della salvaguardia, tornato alla ribalta delle cronache con le acque alte eccezionali di novembre, un sindaco eletto dai residenti nella Venezia insulare sarebbe tenuto a difenderne la sopravvivenza come civitas – e a renderne conto agli elettori – in modo ben diverso rispetto a chi ha come unica bussola il tornaconto elettorale immediato e ci considera “sacrificabili” sull’altare del turismo, perché la macchina del consenso su cui si formano le maggioranze – all’interno dei partiti e in Consiglio comunale – ci vedrà sempre più minoranza in casa nostra: chi vive nella parte pedonale del Comune attuale (Municipalità di Venezia Murano Burano) rappresenta soltanto il 23% del corpo elettorale, che diventa il 30% contando anche Lido e Pellestrina.

In tutti i protocolli per la qualità dell’aria finora sottoscritti e in tutte le misure finora adottate, la grande assente è la Venezia insulare, come se i motori diesel che alimentano le imbarcazioni fossero meno nocivi per la salute di quelli montati su quattro ruote. Senza addebitare al Comune colpe che non ha, su problemi che sono di competenza statale (canali marittimi e grandi navi) o regionale (inquinamento dell’acqua dovuto all’eccesso di fertilizzanti nel bacino scolante) il Sindaco del Comune unico non ha mai fatto assolutamente nulla per evitare che nei rii e nei canali di sua competenza la qualità dell’aria sia ormai la stessa di cui ci si ammala a Torino o Milano. Un’amministrazione dedicata sarebbe più attenta a questo problema, per il semplice motivo che ogni 5 anni dovrebbe risponderne agli elettori, e questo ragionamento è valido anche per la tutela del verde pubblico, le scelte urbanistiche e gli strumenti accessori quale il regolamento edilizio o quello di igiene.

I falsi problemi

    1. Falso problema numero uno: la TARI a Venezia

I vantaggi della divisione per Mestre sono chiari: dato che le tariffe TARI sono determinate a livello comunale, quelle di Mestre verrebbero allineate su quelle dei Comuni limitrofi senza più farsi carico degli extra-costi della Venezia insulare, con il risultato che potrebbero essere dimezzate. Nel caso di Venezia, a compensare gli extra costi dovrebbe essere l’imposta di soggiorno che per Legge può per l’appunto essere destinata a questo scopo. Sul gettito potenziale dell’imposta di soggiorno, rinviamo a quanto esposto nella prima parte al capitolo 4: si tratta di 67 milioni di euro che permetterebbero di non ritoccare, e caso mai di abbassare, le aliquote TARI che attualmente sono fra le più care in Italia. Si tratta di scelte politiche e discrezionali al pari di quella che invece, da parte del Sindaco in carica, vede l’imposta di soggiorno principalmente utilizzata per finanziare l’assunzione di una pletora di nuovi vigili urbani (con un incremento di organico già conseguito del 50% e l’obiettivo di arrivare a 800 agenti, come dichiarato alla stampa). Questione di priorità, all’interno di quelle consentite dalla tassa di scopo, e le priorità di un sindaco scelto dai residenti a Venezia sarebbero sicuramente diverse da quelle attuali (in allegato, la tabella con la destinazione dei proventi attuali dell’imposta di soggiorno)

    1. Falso problema numero due: la tariffazione ACTV in terraferma

ACTV è una intercomunale il cui socio di maggioranza è AVM, controllata al 100% dal Comune di Venezia; le quote azionarie verrebbero quindi ripartite fra i due Comuni. Per chi è titolare della VeneziaUnica”, che i Comuni siano uno o due non dovrebbe fare differenza alcuna. Per quel che riguarda gli abbonamenti mensili ACTV, si noti che già oggi all’interno del Comune unico è possibile optare per un abbonamento a tariffa ridotta per chi non fa uso dei mezzi di trasporto su gomma l’abbonamento “isole”) e nulla vieta di pensare che in futuro possano essere offerti abbonamenti a tariffa ridotta per chi non attraversa il ponte in senso “inverso e quindi non ha bisogno se non saltuariamente dei mezzi di trasporto acqueo. Il «falso problema» invece è riassumibile come segue. I proventi del trasporto acqueo (30 milioni annui) sono notoriamente molto più elevati di quelli del trasporto su gomma e rotaia (tram) grazie alla tariffa differenziata che viene applicata ai turisti non titolari della VeneziaUnica”. A chi teme un aumento delle tariffe a Mestre, si può far notare che nessun sindaco di Mestre sfiderebbe l’impopolarità aumentando le tariffe per residenti e pendolari, mentre con ogni probabilità farebbe quello che già si fa a Venezia: una tariffa maggiorata per i turisti che usano il tram o l’autobus per raggiungere Venezia, visto il proliferare di alberghi e altre strutture create proprio a quello scopo. Va peraltro detto che altri 70 milioni di euro vengono trasferiti dalla Regione al Comune unico attuale per contratto di trasporto pubblico e tale importo andrebbe comunque rivisto dato che è inferiore a quello riconosciuto ad altri Comuni, proprio in vir della specificità veneziana che (nel caso in cui non venisse estesa a Mestre) verrebbe a cadere legittimando trasferimenti più elevati, al pari dei Comuni vicini.

3. Falso problema numero tre: le opere di impatto transcomunale

Poniamo il caso che il futuro Comune di Mestre volesse fare delle strutture impattanti proiettate sopra le barene di Campalto o viceversa che il Comune della Venezia insulare progettasse qualcosa che impatta sul territorio di Mestre o Marghera, cosa succederebbe? ) Per tutti i progetti di questo tipo e qualunque sia il loro ambito territoriale, esiste una VIA obbligatoria (Valutazione di Impatto Ambientale) che non è MAI comunale: la VIA può essere solo statale o regionale, a seconda dell’importanza del progetto e delle sue ricadute.

4. Cosa non cambierà, qualunque sia l’esito del referendum

La libera circolazione delle persone è garantita dalla Costituzione italiana e dalla normativa europea, entrambe inderogabili. A nessuno potrà essere richiesto di pagare un biglietto o esibire un documento quando attraversa il ponte. Questo è invece quello che succederebbe proprio con il Comune unico attuale, il cui sindaco ha fortemente voluto un «contributo di accesso» (oggetto di due distinti ricorsi al TAR) le cui modalità di riscossione diretta richiedono proprio quel tipo di controlli intrusivi che qualcuno teme e cha andrebbero a discapito dei lavoratori pendolari che sono numerosi nei due sensi di marcia. A tali modalità siamo fortemente contrari come Gruppo25aprile, e una diversa maggioranza nel prossimo Consiglio comunale – o ancor meglio due Consigli comunali distinti – potrebbe fare tabula rasa di quella delibera, che in caso di conferma del Sindaco in carica entrerà invece in vigore il primo luglio 2020.

Sulle altre leggende metropolitane che circolano, si rinvia a questa pagina, già pubblicata a settembre e in corso di aggiornamento:

https://gruppo25aprile.org/2019/09/24/referendum-cosa-cambierebbe-e-cosa-non-cambierebbe/


Conclusioni

Il primo dicembre c’è chi voterà con il cuore e chi voterà con il portafoglio. Ai secondi va semplicemente ricordato dati alla mano che questo territorio è una miniera d’oro capace di generare entrate tali che solo un’amministrazione corrotta o inefficiente o bugiarda potrebbe ritenere insufficienti o tali da sconsigliare l’istituzione di due Comuni dove invece le priorità di spesa sarebbero più trasparenti e verificabili dal singolo cittadino, mentre le sacche in cui si nascondono gli sprechi sarebbero più difficili da occultare.

A chi voterà con il cuore, e non solo con il portafoglio, non serve dire nulla perché sarebbe inutile: ci sono motivazioni irrazionali come quella di chi si aggrappa alla scritta Comune di Venezia” sulla carta di identità dopo aver venduto la casa o il bar allo straniero di turno, e c’è invece chi è stato costretto a lasciarla suo malgrado. Ai secondi andrà tutto il nostro rispetto anche se voteranno diversamente da noi – e anche all’interno del gruppo (che ha più di 3.000 iscritti) c’è chi voterà NO.

Chi ama Venezia e non solo a chiacchiere andrà comunque a votare il primo dicembre, perché sa che questa è l’ultima chance di restituirle un futuro. Chi non la ama si astenga pure dal voto, ma non venga a chiederci il nostro nel 2020.

Il Gruppo25Aprile

Post scriptum:

“Il primo dicembre a Venezia si vota ancora una volta per l’autonomia amministrativa della città. Nessuno lo sa. Non se ne parla. Lo stesso sindaco, interessato al fallimento del referendum, scoraggia il voto. E, invece, proprio da questo voto può cominciare la rinascita. Venezia ha un disperato bisogno di un’amministrazione dedicata alla sua particolare realtà, sublime, fragile e unica. Per sopravvivere nel secondo millennio della sua storia gloriosa Venezia deve tornare a essere non un «centro storico» ma una città nel senso più pieno della parola, con i suoi confini d’acqua, le sue difese contro l’invasione del mare e dei turisti, un suo popolo vivente che esprima i propri amministratori responsabili. Ripartiamo da qui. Dalla mobilitazione civica per il voto del 1 dicembre. Votiamo per una città che non sia una rovina definitiva, una Pompei lagunare. Venezia non è solo la più bella città del vecchio mondo, è anche l’esperimento cruciale del mondo a venire. Chi salva una vita salva il mondo intero, recita il Talmud. È senz’altro vero per la vita di Venezia”. Antonio Scurati, premio Strega 2019 , 16 novembre 2019, al Corriere della Sera.

L’appuntamento dell’anno è: 24/11 alle ore 11, all’Ateneo Veneto

“Il voto più importante degli ultimi cent’anni” è la definizione che di questo referendum è stata data da Gianfranco Bettin, presidente della Municipalità di Marghera, in occasione del dibattito da noi organizzato in Bragora.

Il primo dicembre 2019 siamo chiamati ad esprimerci sul referendum consultivo in materia di “Suddivisione del Comune di Venezia nei due Comuni autonomi di Venezia e Mestre.” Quale arena del dibattito pubblico cittadino, l’Ateneo Veneto ha organizzato un incontro domenica 24 novembre per riflettere sulle ragioni del referendum.
Tre rappresentanti del fronte del sì e tre del no sono stati invitati a confrontarsi in un incontro pubblico moderato dal Presidente dell’Ateneo Veneto, Gianpaolo Scarante. 3 donne 3 uomini, 3 di Venezia e isole, 3 di terraferma, 3 per il SI 3 per il NO:

– Maria Laura Faccini, portavoce associazione Mestre Mia
– Laura Fincato, già parlamentare e assessore Comune di Venezia
– Marco Gasparinetti, portavoce Gruppo 25 Aprile
– Nicola Pellicani, deputato Partito Democratico
– Mario Rigo, ex sindaco di Venezia
– Mara Rumiz, già Assessore Comune Venezia

Ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili.

Ai partecipanti verrà distribuita, a cura del Gruppo25aprile, una cartellina informativa di otto pagine con le risposte alle domande più frequenti, ad integrazione del primo documento di analisi già pubblicato su questa pagina. Il materiale informativo verrà poi pubblicato in rete su tutti i nostri canali.

Vi aspettiamo numerosi.

Comunicado de prensa acerca de las inundaciónes “excepcionales” de Venecia

Con los 187 cms grabados a las 22:55, la acqua alta del 12 de noviembre ha sido la inundación “excepcional” más perjudicial después de la del 4 de noviembre del 1966, y bajo muchos aspectos ha sido también la más diferente de las anteriores: por la velocidad y el fuerte impacto con lo cual ha entrado a la fuerza en nuestras casas, en nuestras tiendas y en nuestros almacenes.

El sistema de alarma calibrado en 140 cms se ha revelado totalmente inadecuado, mientras la isla artificial del “Mose” podría haber sido responsable de la velocidad con la cual la cantidad de agua, forzada en dos secciones más restringidas en la entrada del puerto de Lido, tiene acceso a la Laguna: la desviación de las corrientes causada por las obras está percibida por cualquiera que vaya en un bote.

El “Mose”, una obra (incumplida desde hace 16 años) que ha costado 6 billones de Euro al contribuyente italiano, en vez de solucionar el problema ¿lo empeora?

Los pronósticos de los expertos de cambio climático a nivel mundial dicen que tendremos que acostumbrarnos a estas inundaciones y que el término “excepcional” perderá su significado.

Estamos efectuando un censo de los daños y de los malestares sufridos ayer. No hablamos de Venecia por rumores y no utilizamos a Venecia como una vitrina: estamos a su servicio porque aquí vivimos, en los sestieri [los barrios de Venecia] y en las demás islas de las cuales se habla demasiado poco.

Al próximo político de profesión o candidato alcalde que nos pide de “mantener los pies en la tierra” le contestaremos con los videos y las fotos de anoche.

Mantener los pies en la tierra” es un lujo que nos ha sido denegado, por el cambio climático en progreso y por decisiones humanas malvadas, dictadas por codicia y corrupción. Venecia necesita decisiones valientes y pasión en oposición al cinismo de los negocios, precisa personas honestas y capaces, y es el opuesto de lo que hemos visto a la obra en las últimas dos décadas.

Marco Gasparinetti

Portavoz

Gruppo25aprile [Grupo 25 de Abril]

Levantando los derechos de 80.000 personas que aún viven en la laguna de Venecia desde el 2014 (el año del “escándalo Mose”)

Press release on the Venice floods of 12th November

Venice, 13th November 2019

At 187 cm (just over 6ft), recorded at 10.55pm, last night’s acqua alta was the most serious ‘exceptional’ high tide since the historic one of November 4th 1966, but in a number of respects it was also different from previous ones, in particular for the speed and violence with which it rushed into our homes, our shops, our warehouses.

The city’s advance warning system, signalling 140cm (4 ft 7 inches), proved inadequate to the task, while the artificial island of the Mose no doubt played its part in contributing to the speed with which the mass of water, forced into two narrower inlets at the Lido, entered the Lagoon: the change in the currents caused by the works in progress can in any case be readily seen by anyone who gets around by boat.

The Mose flood barrier, a project still unfinished after 16 years, has cost the Italian taxpayer 6 billion euros and instead of solving the problem for which it was conceived, seems if anything to aggravate it.

Global climate change experts predict that we will have to get used to more of these high waters and that the term “exceptional” will come to lose its meaning.

We are already carrying out a census of the damage and inconvenience suffered yesterday. Ours is not a Venice of myth and hearsay and we don’t use Venice as a showcase for tourism: we fight on its behalf because we live here, in the 6 sestieri of the city and in the other islands which we generally hear too little about.

To the next petty career politician or candidate for mayor who asks us to “keep our feet on the ground” we will reply with videos and photos from last night.

Staying with your feet on the ground” is a luxury that is denied to us, by ongoing climate change and cynical human decisions, dictated by greed and corruption. Venice needs courageous choices, passion opposed to commercial opportunism – and that is the opposite of what we have seen at work over the last two decades.

Marco Gasparinetti

Spokesman of

Gruppo25Aprile,

standing for the rights of the 80,000 people who still live in the Venice Lagoon, since 2014 (year of the “Mose scandal”)

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