Gruppo 25 aprile

Piattaforma civica (e apartitica) per Venezia e la sua laguna

Patto faustiano, con l’anima altrui?

Piazza San Marco

Il Corriere in edicola oggi 11 ottobre pubblica un editoriale di Claudia Fornasier, dedicato alla situazione di bilancio del Comune di Venezia, che si distingue per lucidità di analisi ed equilibrio ; è una lettura che andrebbe consigliata a chiunque abbia a cuore le sorti della nostra città, e del quale vorremmo sottolineare tre passaggi in particolare :

  1. « l’arte è l’anima della città e a vendersi l’anima non ci ha mai guadagnato nessuno » ;
  2. La specificità lagunare non smette di essere tale, ma i governi hanno smesso di finanziare la Legge Speciale;
  3. Non esistono grandi invenzioni per uscire da questa situazione. Quattro sindaci ne hanno già indicate diverse. Si chiamano autonomia impositiva, deroga al Patto di stabilità, possibilità di tassare i croceristi,e di trattenere una quota dei biglietti dei treni. Il primo passo però è uno solo. Venezia è speciale e lo Stato deve ricominciare a riconoscerlo. E l’arte non si vende, perché è l’anima della città » (l’editoriale si conclude con questo passaggio, per noi essenziale perché proiettato nel futuro che vorremmo, per Venezia).

Il nuovo Sindaco vuol vendere i Klimt e gli Chagall di Ca’ Pesaro (e perché non anche i Kandinsky), da lui definiti come “modernariato”. Complicazioni giuridiche a parte, se ne potrebbe dedurre che al nuovo Sindaco, in crisi di idee nonostante i 100 giorni già trascorsi lavorando “18 ore al giorno”, sia venuta la tentazione faustiana di vendere l’anima (l’arte) in cambio di un bene supremo ? Il paragone non sarebbe offensivo, per chi conosce l’epica complessità della figura di Faust nell’opera di Goethe. Il problema è che Luigi Brugnaro da Spinea, residente a Mogliano Veneto, non venderebbe l’anima sua (in quel caso sarebbero affari suoi, di cui non ci impicceremmo) ma l’anima altrui : quella di Venezia, che non gli appartiene.. e allora la metafora più idonea potrebbe essere quella di Totò che vende la fontana di Trevi.

Vendere i gioielli di famiglia, ammesso e non concesso che si possa fare ? Ma allora potevamo tenerci i tanto vituperati Sindaci di prima : dal nuovo Sindaco molti aspettavano, in materia di bilancio comunale, un segno di discontinuità che finora non c’è stato. Prima di vendere ciò che non gli appartiene, al Sindaco converrebbe valutare invece le opzioni note da tempo, fra cui “in primis” quelle magistralmente riassunte nell’editoriale del Corriere, e una in particolare che potrebbe trovare attuazione in tempi rapidi, senza attendere improbabili miracoli romani.

La legge istituiva dell’imposta di soggiorno prevede infatti la possibilità, per i Comuni come Venezia, di applicare un’imposta di sbarco. A Venezia finora è stata fatta la scelta di tassare il turismo stanziale che porta ricchezza (tassa di soggiorno e indotto) chiudendo un occhio sulle tante strutture ricettive abusive, e adesso si vorrebbe anche sovvenzionare (con lo scavo del Vittorio Emanuele) una forma di turismo predatorio che alle casse comunali non porta neanche un centesimo : quello delle grandi navi.

Prima di vendere l’argenteria di famiglia, si valuti la possibilità di tassare e/o disincentivare quelle forme di turismo di giornata che alla città lasciano ben poco, se non montagne di rifiuti, e che oltretutto hanno un effetto repellente sul turismo di qualità (che genera ben altri indotti ed entrate, anche per le casse comunali); si verifichino (con l’aiuto di Veritas, società partecipata) le migliaia di strutture ricettive abusive che producono rifiuti senza pagare nemmeno la tassa corrispondente ; si faccia finalmente quella riorganizzazione delle partecipate (già suggerita dal Commissario Zappalorto)  in cui si annidano molti sprechi, e che è stata votata all’unanimità dal Consiglio comunale su proposta del M5S, nella seduta di settembre; si riprendano in mano i molti suggerimenti ricevuti in eredità dalla gestione commissariale: questo ci aspetteremmo, dal nuovo Sindaco. Non ne è capace ? Abbia la decenza di dimettersi prima che la città lo sommerga di fischi.. o di pernacchie, se vorremo anche noi ispirarci al Principe Antonio De Curtis in arte Totò.

M.G.

10 ottobre 2015

L’editoriale a pagina 1 del Corriere del Veneto (copyright: Corriere della Sera):

“Venezia non si vende. Quattro mosse che lo Stato può fare”, di Claudia Fornasier

Gli ultimi quattro sindaci di Venezia hanno rappresentato tutti gli schieramenti poltici, dal centrosinistra al centrodestra passando per un commissario prefettizio, vicino al cuore del governo. E tutti e quattro hanno cominciato la difficile navigazione nelle acqie del Canal Grande annunciando la fine degli sprechi, per approdare tutti alla stessa fermata:la richiesta di misure speciali per Venezia. Basterebbe fermarsi alle dichiarazioni del commissario mandato dal governo, un tecnico super partes per definizione, che in un anno ha fatto tanti viaggi della speranza a Roma, e in corsia preferenziale, quanti i suoi predecessori politici. La conclusione è semplice, il problema del fabbisogno economico straordinario di Venezia è un fatto strutturale e oggettivo. Soggettive sono le invenzioni del Sindaco di turno per farvi fronte, che sia l’alienazione di palazzi, l’asta di azioni pregiate, la privatizzazione del Casinò. Un’asticella sempre più alta fino alla proposta dell’attuale primo cittadino Luigi Brugnaro di cedere opere d’arte come i quadri di Klimt. Ma l’arte è l’anima della città e a vendersi l’anima non ci ha mai guadagnato nessuno.

Sgombriamo il campo dagli equivoci: il bilancio del Comune di Venezia finora è stato in pareggio. Il problema dei conti è farli tornare senza smettere di salvaguardare la città, anche a causa del Patto di stabilità (50-60 milioni l’anno da accantonare) calcolato sui soldi della Legge speciale ricevuti in passato e che dal 2005 la città non riceve più … La specificità lagunare non smette di essere tale, ma i governi hanno smesso di finanziare la Legge Speciale. L’opinione pubblica che è inorridita davanti alla Fenice in cenere forse non sa che la rete anticinendio non è ancora conclusa per mancanza di soldi, ma il ministro Franceschini che giustamente dice al Sindaco di far male all’Italia con l’idea di vendere le opere d’arte, tace su quanto faccia male all’immagine dell’Italia l’immagine di un governo che ha smesso di occuparsi di Venezia, Mose a parte. Non è solo colpa di Roma. C’è  stato uno scandalo grande come quello del Mose. Ci sono stati sprechi  e gestioni poco oculate neghli anni”ricchi”, quando limiti a iniziative, aiuti, assunzioni anche, non se ne sono messi..

Non esistono grandi invenzioni per uscire da questa situazione. Quattro sindaci ne hanno già indicate diverse. Si chiamano autonomia impositiva, deroga al Patto di stabilità, possibilità di tassare i croceristi,e di trattenere una quota dei biglietti dei treni. Il primo passo però è uno solo. Venezia è speciale e lo Stato deve ricominciare a riconoscerlo. E l’arte non si vende, perché è l’anima della città.

Claudia Fornasier

San Giorgio

Foto: Marco Gasparinetti, 10 ottobre 2015

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Un pensiero su “Patto faustiano, con l’anima altrui?

  1. Valeria in ha detto:

    …è indecente, insopportabile, incredibile pensare di vendere pezzi d’arte per risolvere i problemi di una città d’arte…è non vedere i reali problemi e possibili soluzioni di Venezia, un turismo di massa non aiuta per troppe ragioni e non solo economiche…anche a Venezia l’hanno votato, e non pochi, chissà adesso cosa ne pensano, se sono soddisfatti o no, è il caso di pensarci, perché è insostenibile.

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