Consiglio comunale 29 ottobre: i piedi sulla città?
Nel film « le mani sulla città », il grande regista Francesco Rosi denunciava i meccanismi della speculazione immobiliare e della corruzione politica che stavano cambiando volto all’Italia. Nel caso di Venezia si potrebbe agevolmente girare un film e intitolarlo « i piedi sulla città » : 60 milioni di piedi che ogni anno solcano i nostri masegni, secondo i dati ufficiali dell’Annuario del turismo edito dal Comune, creando una pressione ormai insostenibile sul tessuto urbano, ambientale e sociale di Venezia in un crescendo senza fine che è ormai fonte di inquietudine anche per l’UNESCO e potrebbe presto portare questa città patrimonio dell’Umanità (e non dell’Umana Spa) nella lista dei siti a rischio, ad opera dell’apposito Comitato che si riunirà a giugno del 2016.
60 milioni di piedi (che calzino infradito o tacchi a spillo poco importa) in una città ormai stabilmente scesa sotto la soglia dei 60.000 abitanti, in un rapporto di mille piedi per abitante, con un paradosso apparentemente inspiegabile : un bilancio comunale in difficoltà nonostante tutti i dolorosi tagli della gestione commissariale, che per il terzo anno consecutivo si avvia a sforare il patto di stabilità malgrado la manna apparente di tutti quei turisti che – come ci dicono – sono una benedizione del Signore mentre (paradosso dei paradossi) molte attività commerciali continuano a chiudere e il valore di avviamento di quelle esistenti continua a diminuire, vittima di un turismo di massa divenuto incompatibile con il turismo di qualità che genera ben altro indotto, ma per definizione tende a scansare i luoghi devastati da quello di massa e che quindi rischiamo di perdere, come dimostrano i commenti di molti osservatori stranieri.
Nella vita bisogna saper scegliere e per Venezia è giunto il tempo delle scelte. Le linee programmatiche 2015-2020 che il Consiglio comunale si appresta a discutere nella seduta del 29 ottobre potevano e dovevano essere l’occasione per affrontare questo paradosso, avviando almeno una seria discussione sulle scelte strategiche necessarie per invertire la tendenza allo spopolamento (e scegliere su quale tipo di turismo “puntare”) a maggior ragione se si considera che fra le promesse del Sindaco in carica c’era quella di « 30.000 nuovi residenti ». Nessuno di noi si aspettava di vederli arrivare in tre mesi, ma a più di quattro mesi dalle elezioni sarebbe lecito attendersi almeno un’indicazione del « come » mantenere le promesse elettorali ; per la cronaca, il contatore dei residenti ha invece registrato una perdita ulteriore di 300 unità, nei primi 3 mesi di mandato della nuova Giunta comunale. Sulla regolamentazione dei flussi turistici le proposte della società civile e del mondo imprenditoriale non mancano, ma di nessuna abbiamo trovato traccia nelle linee programmatiche che verranno discusse dal Consiglio comunale, luogo per eccellenza deputato a discutere di scelte strategiche come questa.
Nell’introduzione alle Linee Programmatiche 2015-2020, tuttavia, è scritto che si tratta di « un progetto continuamente in divenire, aperto ai contributi e alle integrazioni che i corpi intermedi della societàcivile e i singoli cittadini vorranno continuare a farci arrivare, perché la democrazia è partecipazione ». Nel rallegrarci per questo segnale di apertura, come piattaforma civica abbiamo quindi elaborato il documento qui allegato, e su questa base siamo pronti a confrontarci con il Sindaco e la sua Giunta nell’ottica di democrazia partecipata che a parole almeno è stata annunciata. Sui singoli temi lavoriamo da mesi e saremo in grado di integrare le osservazioni di sintesi con un’analisi dettagliata e documentata delle soluzioni proposte.
Venezia, 28 ottobre 2015
Il Gruppo25Aprile
Allegato 1 :
Osservazioni sull’impianto complessivo delle « Linee Programmatiche 2015-2020 »
Le linee programmatiche 2015-2020 dovrebbero offrire una strategia e una visione di insieme della Venezia che vogliamo di qui al 2020; di tale strategia o visione di insieme non vi è traccia apparente, che non sia quella di una sorta di eutanasia programmata della città d’acqua, ai cui residenti non resterà che un futuro di sudditanza assoluta rispetto alle esigenze della monocultura turistica, per la gioia della speculazione che vede crescere il valore a metro quadro di ogni immobile che da residenziale si trasforma in albergo o residenza turistica.
Quella che traspare dal documento è una città al servizio di porto, VTP, aeroporto e tour operators (cinesi in particolare, con un potenziale già stimato in 400 milioni di arrivi) in un ribaltamento di ruoli deleterio perché privo di contrappesi o freni inibitori, volto a massimizzare i flussi turistici anziché razionalizzarli a profitto di un turismo di qualità e della città stessa, che ne diventa mero “contenitore” (capitolo 7: infrastrutture, sono tutte al servizio dei vettori che potranno in quel modo convogliare a Venezia masse crescenti di turisti).
Siamo seduti su una miniera d’oro (Venezia), ma come in certe colonie di altre epoche, la miniera verrà sfruttata in modo tale che i proventi finiscano altrove, e pazienza se mercurio e cianuro avranno nel frattempo ammorbato l’aria e l’acqua. Qual è il contributo di porto, aeroporto e VTP al bilancio comunale? Zero. E allora perché perseguire una politica di grandi opere (allargamento aeroporto e stazione marittima, scavo del Vittorio Emanuele, alta velocità da Mestre all’aeroporto) senza contropartite per la città che ne subirà i disagi? Se vogliamo parlare di strategia, il punto di partenza dev’essere la consapevolezza che i nostri problemi sono collegati fra loro e in particolare :
- La pressione turistica, in un rapporto di causa a effetto ormai evidente, continua a espellere residenti, negozi di vicinato e attività artigianali, senza nemmeno portare a benefici tangibili per il bilancio comunale. L’IVA percepita su quel fiume di denaro in “transito” viente integralmente versata allo Stato, così come le tasse portuali e quelle di ancoraggio, mentre l’imposta di soggiorno (l’unica che finisce nelle casse comunali) paradossalmente colpisce soltanto il turismo più stanziale e sostenibile. La razionalizzazione dei flussi turistici (adottando una almeno delle proposte già sul tavolo, che potrebbero essere sottoposte ad analisi comparata in termini di costi/benefici) potrebbe invece generare le risorse necessarie a riportare in equilibrio il bilancio comunale (rapporto fra entrate e spese correnti) e finanziare una politica per la casa nella Venezia insulare, che è totalmente assente nelle linee programmatiche: queste parlano soltanto di un censimento già realizzato due anni fa, come se non fosse mai stato fatto. Nulla si dice della necessità di completare almeno quanto già avviato – esempio, gli appartamenti alle Conterie a Murano – e del come ristrutturare/restaurare le 600 unità immobiliari vuote e/o inagibili.
- Fra gli argomenti NON affrontati dalle linee programmatiche, una seconda lacuna ci sorprende in modo particolare: il trasporto acqueo che è ormai al collasso, in una città dove ogni giorno si riversano, per motivi di lavoro, decine di migliaia di pendolari in aggiunta ai flussi turistici ormai incontrollati; eppure tali flussi generano introiti notevoli per l’ACTV, che avrebbe dovuto reinvestirli nel rinnovo di una flotta ormai vetusta, inquinante e totalmente inadeguata rispetto alla domanda. Si è preferito spremere la flotta come un limone (con il prezzo dei biglietti a 7,5 euro per i non residenti) reinvestendo i profitti altrove? Ora di cambiare rotta perché la situazione sta diventando insostenibile, come dimostrato dai sempre più frequenti guasti meccanici a bordo. Della lotta al moto ondoso poi non abbiamo trovato traccia, nel documento, eppure è uno dei problemi che rischia di finire (anche) nel mirino dell’UNESCO, per le conseguenze che comporta sul nostro patrimonio architettonico.
- Trovare casa a Venezia è condizione necessaria ma non sufficiente, se i redditi da lavoro delle persone che ci vivono sono insufficienti per poter restare in città; come gruppo abbiamo sempre insistito sul binomio casa/lavoro. Creare posti di lavoro è stata una delle prime promesse del futuro sindaco Brugnaro in campagna elettorale. Essa riguarda sia la terraferma che la città insulare. Di seguito ci occupiamo della creazione di posti di lavoro nella città insulare per le sue caratteristiche speciali rispetto a tutte le altre città venete, italiane ed europee. Noi proponiamo la creazione di posti di lavoro in settori non collegati, né direttamente, né indirettamente al turismo; ciò al fine di evitare quella totale dipendenza di Venezia dal turismo e di creare attività produttive alternative in settori che tengano conto della fragilità della Venezia insulare. La conditio sine qua non è quella di bilanciare tramite esenzioni fiscali i maggiori costi di gestione di qualsiasi attività produttiva nella Città insulare; ovviamente tutto nel rispetto della normativa europea che vieta gli aiuti di stato, aiuti intesi come sovvenzioni, esenzioni fiscali, agevolazioni di qualsiasi tipo, anche non in denaro, che distorcerebbero la libera concorrenza europea. In attesa di arrivare al grande obiettivo del riconoscimento di una specialità di Venezia a livello europeo attraverso l’art 107 del Trattato di Lisbona, obiettivo che vorremo vedere riconosciuto nel Programma di governo di Venezia, la strada è quella dell’utilizzo della deroga a questa normativa che si chiama “aiuti de minimis”. Questa deroga prevede la possibilità di aiutare fino a 200.000 euro in tre anni le imprese. Da calcoli fatti con Comune, Eurosportello e Camera di Commercio, le imprese “insulari” non collegate alla attività turistica che potrebbero beneficiarne attirandone di nuove e incrementando il numero dei posti di lavoro sono circa 5.000 (vedo documento Unioncamere: allegato 2). Questo come obiettivo di breve termine per invertire la tendenza; nel medio termine, rilanceremo inoltre la proposta di una zona franca (con esenzione fiscale per tutte le imprese che creano o mantengono posti di lavoro non collegati al turismo). Dove? Per non ripetere gli errori commessi dal Governo nazionale con la vicenda degli sgravi contributivi (vicenda kafkiana che sta portando alla restituzione di tali sgravi maggiorati di interessi), la zona franca andrebbe circoscritta alla Venezia insulare, riservandola a feterminate tipologie di attività produttive e artigianali che ancora esistono o possono essere create, con le conseguenti ricadute occupazionali in quello spazio vasto che è l’arsenale e nelle isole dove ancora esistono realtà manifatturiere e artigianali, la cui sopravvivenza è sempre più a rischio.
- La “miniera d’oro” chiamata Venezia genera un fatturato di 10 miliardi all’anno, imposte pari a 3 miliardi circa e un residuo fiscale (differenza fra imposte riscosse e servizi o trasferimenti statali, inclusi quelli per il MoSe) pari a un miliardo di euro all’anno. I margini di manovra per un negoziato con lo Stato centrale ci sarebbero, con queste premesse. Qualcuno potrebbe obiettare che lo Stato italiano non accorderebbe mai alla Venezia insulare una zona franca, per il precedente che potrebbe creare rispetto ad altre zone insulari? Per conoscere la risposta occorre proporlo, cosa che non è stata mai fatta.. ma la cosa più grave è che di zone franche le linee programmatiche parlano eccome, in un senso completamente diverso : quello di una zona franca doganale da allargare in terraferma, per facilitare il commercio con i Paesi extra UE (gli unici ancora soggetti a dazi doganali). Quali posti di lavoro si possono creare, e quanti se ne distruggono, con una zona franca di quel tipo ? Altri scaricatori di porto, per le merci in arrivo dalla Cina ? Sono quelli i posti di lavoro di cui abbiamo bisogno, a Venezia ?
- Oltre al rifinanziamento della Legge speciale, su cui bene fa il Sindaco a puntare i piedi perché è un atto dovuto per la manutenzione ordinaria, si potrebbe anche ragionare su un “reddito di guardiania” (o di cittadinanza, intesa però come residenza a tempo pieno) da finanziarsi con i proventi del turismo o con parte dell’IVA da trattenersi sul territorio (le ipotesi fin qui discusse con i sottosegretari all’economia a livello di ipotesi produrrebbero un gettito di 20 milioni di euro all’anno).
- Quello che va assolutamente ribaltato, in ogni caso, è il rapporto di sudditanza che traspare dalle linee programmatiche così come sono attualmente strutturate: per riequilibrare il rapporto di forze con il meccanismo di pesi e contrappesi che è la grande conquista delle democrazie liberali avanzate, ognuno faccia il suo mestiere ! Fermo restando che le società per azioni sono costituite a fine di lucro e il lucro da perseguire è quello degli azionisti, il ruolo di un Sindaco è quello di far valere le ragioni della civitas (i cittadini), e non di spolparla (svuotandola dei suoi abitanti) per poi gettarne la carcassa in pasto agli avvoltoi che volteggiano in cerca di preda.
Allegato 2: Documento Unioncamere
Oggetto: ipotesi di quantificazione del finanziamento da richiedere al Governo italiano per la compensazione dei maggiori costi delle imprese di Venezia insulare
DATI SULLE AZIENDE DI VENEZIA INSULARE
La Camera di Commercio e l’Unioncamere hanno ottenuto il file dell’elenco delle aziende con sede nella Venezia insulare. Sono circa 12.000.
LE AZIENDE SU CUI CONCENTRARE GLI INCENTIVI
Ipotizzando di selezionare le aziende che potranno avere accesso agli incentivi sulla base della classificazione ATECO (attività manifatturiere e servizi, escluse tutte le attività legate al turismo), le aziende da considerare sono circa 5.000.
LA QUANTIFICAZIONE DELLA RICHIESTA AL GOVERNO
Volendo quantificare la richiesta da rivolgere al Governo per la copertura finanziaria di tali incentivi, possiamo utilizzare come punto di riferimento il tetto “de minimis” di 200.000 Euro (previsto nella nuova proposta) su tre anni.
Così facendo, l’ammontare totale risulta il seguente:
5.000 x 200.000 Euro= 1.000.000.000 Euro
1.000.000.000: 3 anni = 333.333.333 Euro (333 milioni di Euro) all’anno
Gli sgravi contributivi contestati dalla Commissione europea e concessi dal Governo italiano alle aziende di Venezia e Chioggia nel periodo 1995/1997 ammontano a 37,7 milioni di Euro
La cifra di 333 milioni di Euro è piuttosto elevata, anche considerando che alcune aziende avranno già usufruito di parte di essa e che, in base all’esperienza dell’Unioncamere, non tutte le aziende ammissibili ne fanno uso. Però serve per capire che probabilmente non c’è bisogno di chiedere deroghe specifiche per Venezia in quanto le possibilità concesse dalla ”de minimis” sono sufficienti.
FORMA DELL’AIUTO
Gli sgravi fiscali (vedi proposta di legge presentata da Unioncamere) sono la forma più snella, economica e semplice da gestire in quanto richiedono solo un lavoro di controllo delle dichiarazioni (dichiarazioni dei redditi e dichiarazioni de minimis) fatte dalle aziende.
Diversamente, la gestione di sovvenzioni implica la creazione di un ufficio presso Comune e/o Camera di commercio esclusivamente dedicato alla assegnazione, gestione e controllo delle stesse.
CONDIZIONE PER LA CONCESSIONE DEGLI INCENTIVI
Anche se la de minimis può essere concessa in modo incondizionato, si possono individuare delle condizioni che le aziende devono soddisfare per poter godere degli incentivi.
Tali condizioni possono essere legate all’obiettivo di premiare le aziende che fanno innovazione, ricerca e sviluppo o supportare quelle che si devono adeguare a norme ambientali restrittive, ecc. ecc.
NB l’importo massimo utilizzabile nel triennio corrisponde grosso modo al residuo fiscale che Venezia accumula in media ogni anno, nei confronti dello Stato italiano.
l’unica cosa che penso é che Venezia dev’essere salvaguardata e con un punto di vista prevalente sul cittadino altrimenti identitá e territorio andranno a perdersi e questo porta a un impoverimento generale
Al livello comunale almeno, che è il più vicino alle istanze del territorio, il cittadino deve poter ritornare al centro della politica intesa nel senso migliore del termine: politica è una parola che nasce da “Polis” (città, in greco)!
Ma dove troviamo un urbanista di cultura umanistica ,un professionista residente senza conflitti di interesse ,che non siano quelli legalmente riconosciuti ed ammessi .Una persona priva di ambizioni politiche ,che non sia affetto da avidità ed interessi per l’ arricchimento personale ,e vista l’esperienza da scegliere almeno tra quelli già benestanti per tradizioni famigliari . A mio parere sarebbe bene accetto chiunque fosse uomo o donna ,ma sopratutto legato alla storia ed alle tradizioni della nostra città , capace di contornarsi di collaboratori professionalmente integri e competenti ,scelti tra i propri concittadini, indipendentemente dal loro interesse politico ,purché privi di qualsiasi coinvolgimento con il passato . Cosa ci si poteva invece aspettare da un sindaco capace solo di fare l’ imprenditore proveniente dell’entroterra mestrino , interessato prevalentemente e sopratutto alle speculazioni immobiliari, che continua a perseguire la politica del passato regime ?
Comunque non si può dire che l’attuale Sindaco come imprenditore non sia bravo ! In certe cose realizzate al Lido ci ha pure azzeccato!