#Referendum primo dicembre: lettera agli amici di Mestre
Lettera aperta agli amici di Mestre e di Favaro, di Chirignago e Zelarino, di Campalto e Tessera.
Sono nato a Venezia 64 anni fa, mio padre gondoliere mio nonno gondoliere, i gondolieri di una volta quando per alcuni traghetti il maggior reddito veniva dal servizio di parada e con il turismo si lavorava poco. Con la gondola si portavano i clienti negli hotel e ancora si andava a Murano solcando le placide acque lagunari. Sono cresciuto passando molti dei miei giorni estivi in barca con mio padre seduto sul trasto di poppa guardando curioso i palazzi veneziani che a quel tempo mi sembravano enormi.
Quella Venezia era una meraviglia, un sogno calato dal cielo, una costruzione quasi utopistica che galleggiava sull’acqua e che dall’acqua traeva i ritmi lenti pacifici naturali; poco traffico a motore e tante barche a remi, tanti traghetti per attraversare “el canaeasso” dove ogni 10′ passava il vaporetto della inea 1; la gente era felice, tanta gente tanti negozi di vicinato in tanti microcosmi autosufficienti ognuno con la propria identità che componevano una città dove tanti bambini nei campi e nelle calli giocavano giocavamo spensierati e dove l’acqua alta autunnale, stagione senza turismo con una città quasi completamente deserta e chiusa, era l’occasione per divertirsi fuori da scuola, ci si accontentava con poco avevamo poco, ma eravamo felici e soprattutto sani.
Poi sulla spinta della modernizzazione poco a poco le cose cambiarono, un cambiamento accolto da tutti senza dubbi, trasportato sulle ali di carosello e dei bellissimi programmi televisivi. i mobili di formica riempirono le nostre case con gli oggetti di largo consumo fatti di Moplen materiale plastico ancora prodotto. Almeno lo avessero chiamato con il suo vero nome “polipropilene isotattico”, forse qualche dubbio a qualcuno sarebbe venuto, ma con moplen no un nome così semplice e carino doveva essere per forza una cosa bella. Così giorno dopo giorno ci siamo costruiti la gabbia dove imprigionarci il corpo e soprattutto la mente, dove la felicità aveva perso la sua spontaneità per identificarsi con il nuovo idolo il denaro – e in nome e per conto di questo idolo Venezia ha cominciato a mutare diventando anno dopo anno una sorta di monopoli planetaria per affaristi senza scrupoli senza patria senza storia e senza anima.
Mentre le classi sociali più deboli, gli ultimi, venivano spediti in terraferma in alloggi dormitorio simili ad alveari, in città questa mutazione veniva accettata da una larga parte della componente cittadina che ne traeva e ne trae profitto a scapito dell’altra parte quella che subisce. In nome del liberismo economico si è accettato uno “sviluppo” totalmente subordinato allo sfruttamento turistico che è diventata la principale unica e facile fonte di reddito di Venezia; piano piano gli squali dell’economia hanno tirato su la loro rete e improvvisamente ci siamo svegliati in un’altra Venezia, una città caotica dove lo stress da vita moderna imperversa. Masse di turisti ogni anno sempre più numerose e invasive si sono impossessate di ogni spazio vitale riducendo i residenti quasi a delle comparse di uno spettacolo decadente. I facili guadagni dati dal turismo hanno attratto imprenditori da ogni angolo del pianeta, stranieri stanziali che si sono sommati agli stranieri visitatori in un corto circuito economico dove una grossa fetta dell’economia esce ed entra sempre nelle stesse tasche lasciando a Venezia le briciole per una classe cittadina ormai inconsapevolmente o consapevolmente subalterna a giochi di potere gestiti altrove.
Il liberismo economico che ha scatenato una guerra economica dove c’è un solo vero sconfitto: Venezia. Venezia sferzata dal moto ondoso, consumata da milioni di piedi e mani, avvelenata dai gas di scarico, dove una volta si veniva per ammirarla e ora si viene per violarla in mille modi dai tuffi nei canali alle pisciate nelle calli, dai negozi di inutili cianfrusaglie alle locazioni turistiche di impossibili tuguri, una città tra le più inquinate d’Italia dove sono inquinati i fondali lagunari, inquinati i canali dove ancora sversano centinaia di condotti fognari, inquinati i terreni della gronda lagunare della zona industriale, inquinati i fiumi che del bacino scolante, inquinata l’aria dalle centinaia di transiti giornalieri di inquinatissimi motori diesel e dalle GrandiNavi, dove il traffico motorizzato imperversa quotidianamente, ma si impedisce la libera circolazione alle barchette tipiche e alle manifestazioni di protesta delle remiere.
Venezia trasformata da città ideale a gomorra del nuovo millennio; una città irriconoscibile dove oggi si vive meno felicemente e dove ci si ammala di inquinamento. Da molto tempo vivo in terraferma, ma mi ritrovo spesso a guardare vecchie foto familiari che ritraggono la Venezia del passato dove sicuramente la vita era più difficile, ma le persone erano sorridenti disponibili e si camminava con passo tranquillo; il pensiero va automaticamente al confronto con l’oggi e a pensare cosa sia accaduto, perchè oggi i veneziani non sorridono più sono poco accoglienti e camminano per la loro città con un andamento nevrotico cercando quasi una via di fuga tra centinia di ostacoli ostili. Dove e quando ci siamo persi? di chi sono le responsabilità?
Sicuramente da un certo momento in poi la politica locale ha smesso di occuparsi del bene comune, dei cittadini e alle piccole cose che determinano il vivere quotidiano di una città perdendo quel feeling che lega gli elettori agli eletti, si sono sposate a man bassa tutte quelle pratiche economiche legate a progetti di rilevanza economica e internazionale decisioni spesso fatte sulla testa dei cittadini, sulla pelle dei cittadini dove i benefici per pochi sono stati pagati da molti, pagati sotto forma di disastri ambientali, di distruzione del sociale e di riduzione drastica della residenzialità che a Venezia assume da tempo quasi le sembianze di una pulizia etnica vista la progressiva distruzione di una civiltà acquea millenaria, vivere in terraferma non è la stessa cosa.
Ora mi accorgo che da qualche tempo questa “peste” sta contaminando anche le aree della terraferma dove ovunque sorgono B&B e locazioni turistiche e dove è diventato diffcile trovare un appartamento in affitto. anche a Mestre chiudono i negozi e si iniziano a registrare quelle difficoltà nell’utilizzo dei servizi urbani di linea tipiche di Venezia causate da una eccessiva presenza turistica. La terraferma rischia di diventare un non luogo che serve solo allo sfruttamento turistico con la costruzione di enormi alberghi dormitorio che sono un trampolino di lancio per scaricare ancora migliaia di visitatori in una città già allo stremo. Mestre una città che si è sviluppata tra l’inquinamento di Porto Marghera a ovest e quello dell’aeroporto a est circondata da un passante autostradale dove forse transita il maggior flusso di traffico pesante d’Italia e forse d’Europa, un territorio dove le malattie oncologiche sono in forte espansione.
Oggi le mie due anime, quella insulare e quella di terraferma si sono messe d’accordo. Della politica e dei suoi bei discorsi non mi fido più, per troppo tempo ho atteso che le promesse diventassero realtà, anche l’autonomia dei due comuni non mi dà certezze, ma almeno mi dà speranze.
Certo è però che, in ogni caso, se i cittadini non si riappropriano del loro futuro per le comunità veneziana e mestrina non vedo un futuro roseo: abbiamo davanti le sfide portate dai cambiamenti climatici che per troppo tempo abbiamo sottovalutato e ora la natura ce lo ricorda a colpi di disastri che non guardano in faccia nessuno. Mestre deve ritrovare il suo spirito di città, e la mia Venezia non tornerà più però potremmo tornare a qualcosa di simile; qualcosa che ridia la voglia di vivere e restare ai giovani, che ridia il buon umore agli adulti, qualcosa che salvaguardi la salute di tutti.
Buona votazione qualsiasi sia la vostra scelta perchè dal 2 dicembre autonomisti e unionisti dovranno ritrovarsi per gestire al meglio la situazione che ci sarà per dare comunque una svolta positiva alla politica locale”.
Dario Vianello
nato a Venezia,
residente a Favaro Veneto