Chi ha paura delle primarie?
I renziani a Venezia avevano già un candidato Sindaco: Jacopo Molina, renziano della prima ora anzi l’unico renziano DOC quando tutti gli altri nel PD locale erano bersaniani (per convinzione o per opportunismo, a seconda dei casi). Il primo a candidarsi, alla luce del sole e con un programma da “rottamatore” calcato sulla formula del Renzi degli inizi. In politica, lealtà e coerenza non contano: più di ogni altra cosa conta l’opportunismo elettorale e fin qui, nulla di nuovo sotto il sole. Più sorprendenti le motivazioni con cui la stampa locale spiega l’affannosa ricerca di un (ulteriore) candidato di “maggioranza” quando in lizza ce n’erano già diversi e lo spettrometro copriva tutte le “correnti”: quasi tutte concordi, a partire da oggi, a sostegno di un candidato presentato come “l’anti-Casson” ovvero (si direbbe) maldestramente unite dalla paura di Felice Casson: il candidato anti-corruzione.
Un candidato anti-anti. Perché?
Per favorire questa candidatura tardiva, le primarie “aperte” del centro-sinistra (“aperte” ma non troppo?) sono state rinviate da dicembre a gennaio e poi a febbraio anzi no adesso si faranno a marzo, con un “tempismo” curioso se si considera che la città è commissariata da luglio e sarà rimasta priva di bussola politica per nove mesi. Chi aveva paura delle primarie? Gli stessi che non volevano elezioni anticipate e che spingono per accelerare certe decisioni (come lo scavo del Contorta) prima che a valutarne la congruità siano un Consiglio comunale e un Sindaco eletti?
Felice Casson può piacere o non piacere, ma ci sono alcune qualità che nessuno gli può negare: perseveranza, integrità e rispetto della parola data (quella data agli elettori, anche quando questo lo ha messo in contrasto con il suo partito). Una persona fedele a certi princípi, che proprio per questo potrà non piacere ad alcuni (e ad altri non piace per altri motivi) ma in una città decapitata (e disgustata) dallo scandalo del MoSe rischiava di vincere proprio lui: il candidato “anti-corruzione” per eccellenza. L’alternativa era Jacopo Molina, il rottamatore. Come candidato esterno al partito c’era già Giovanni Pelizzato, proprietario della libreria più antica di Venezia (la Toletta) e facevano tre. Cos’è che non piaceva ad alcuni, in questo scenario? Non erano abbastanza ligi a certi interessi, i tre candidati?
Cos’è che tanto spaventa l’oligarchia locale, al punto di spingerla a calare dall’alto una candidatura incolore, inodore e insapore come quella di un figlio d’arte, segretario generale di una fondazione intitolata al padre e ignoto ai più, con l’eccezione degli addetti ai lavori del “festival della politica” che organizza ogni anno a Mestre con qualche talento da cerimoniere (Maestro delle cerimonie)? Misteri del PD ma un dubbio a questo punto è legittimo: siamo sicuri che la “base” e la città siano disposti a sostenerla, una candidatura nata in questo modo maldestro e con queste caratteristiche?